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Topos e tema: una distinzione teorica. Incontro con Guido Paduano

Giovedì 15 febbraio si è tenuto nella Sala Lauree della Scuola di Scienze Umanistiche un incontro con Guido Paduano, Professore Emerito di filologia classica e di letterature comparate all’Università di Pisa. Paduano si è distinto nel corso della sua lunga carriera accademica per varie traduzioni e commenti ad opere della classicità greca e latina, oltre che studi in ambito musicale e di teoria della letteratura (due suoi libri a riguardo sono: La nascita dell’eroe. Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale (2008) e Il testo e il mondo. Elementi di teoria della letteratura (2013) ). Il discorso di Paduano, per la sua tematica, si intreccia, sin dall’introduzione del professor R. Gilodi, alla fondamentale opera di E. R. Curtius, Letteratura europea e Medioevo latino (1948), pubblicata in traduzione italiana soltanto nel 1992, in cui l’autore aveva dimostrato la continuità della letteratura europea dall’antichità greca e romana al ‘700 attraverso la persistenza di alcuni topoi fondamentali.

La tesi di Paduano viene immediatamente esplicitata: la distinzione, o meglio, opposizione tra topos e tema è “teorica” in quanto appartenente più al linguaggio metacritico che ad una realtà effettiva. Essi sarebbero, infatti, più vicini di quanto si sia soliti pensare. Entrambi sono legati al fenomeno dell’intertestualità e caratterizzati dalla ricorsività di un’unità fondamentale all’interno di macrotesti appartenenti ad una sola cultura oppure a culture ed epoche totalmente diversi. Il tema (parola nata in ambito musicale attorno al 1830 e legata da un rapporto definitorio a “variazione”) però viene generalmente visto come un’unità mobile e metamorfica; invece il topos, termine preso in prestito alla retorica classica, è in genere associato ad un’idea di staticità, di forte stereotipizzazione, di fissità. L’opposizione così posta si riflette perfettamente nelle recensioni all’opera di Curtius, che subì alcune critiche, pagando, secondo Paduano, la “cattiva fama” del topos, ovvero la sua supposta rigidità. Le critiche sorsero principalmente proprio dall’aver scelto il topos come concetto portante del libro, ad esempio sostenendo che gran parte dell’erudizione dell’opera mostra semplicemente che “a commonplace remained a commonplace”, oltre al fatto di essersi concentrato più sui fenomeni di persistenza piuttosto che su quelli di mutamento, di innovazione. In verità, nota Paduano, già Roberto Antonelli, nella prefazione all’edizione italiana del volume, contraddice questa visione attribuendo al metodo topologico di Curtius la capacità di entrare nella dialettica “testo-sistema”, indirizzando quindi la fruizione di Letteratura europea verso la critica tematica.

Paduano definisce dunque il topos “un tema di cui si parla male” e la sua opposizione con il tema come frutto di un’analisi viziata dal “pregiudizio” di valore, cioè da un giudizio che precede l’analisi contestuale. Al contrario Paduano propone una definizione che lega le due categorie secondo rapporti differenti: definisce il topos come “un tema in un certo senso abortito”, cioè che non ha trovato una creatività capace di rigenerarlo (un non-evento, una creatività non intervenuta) e il tema invece come un topos che “si afferma attraverso le sue mutazioni”, un terremoto di valori che spesso porta allo stravolgimento, alla vera e propria “esplosione di un senso nuovo”. Ed illustra questa seconda idea attraverso tre esempi letterari di altissimo livello, tre topoi che, a partire dalla loro origine antica, subiscono nel corso della storia stimolanti e imprevedibili trasformazioni, e che dimostrano una vitalità che contraddice la comune visione immobilistica e sterile di questa categoria. Il primo di questi esempi è il topos dell’insufficienza del tempo amoroso che troviamo per la prima volta nell’Odissea (la notte, prolungata da Atena, in cui Odisseo e Penelope, ricongiunti, si raccontano a vicenda gli anni trascorsi) e che viene ricreato e rielaborato finemente nel Romeo and Juliet shakespeariano, nel contesto della separazione degli amanti al sorgere del sole. Nell’opera esso si manifesta attraverso un interessante scambio delle parti: Giulietta nega l’evidenza dell’alba che sopraggiunge (affermando che il canto dell’allodola è invece il canto notturno dell’usignolo), Romeo l’asseconda, ed infine Giulietta ribalta quanto detto in precedenza, comprendendo la pericolosità della loro situazione, e lo congeda. In Romeo e Giulietta questo topos dell’alba demonizzata “si scontra”, inoltre, con un altro topos, anch’esso molto antico e di valenza quasi antropologica: quello dell’opposizione luce-buio, secondo cui la luce (e il giorno) è associata al polo della positività, della vita, mentre il buio (e la notte) a quello della negatività, della morte e del disvalore. Lo scambio che avviene nella scena della separazione degli amanti viene infatti anticipato e contraddetto da un passo in cui Romeo definisce Giulietta come “un sole”, che lui invita a sorgere scacciando la luna invidiosa.

Il secondo topos trattato è quello, invece, del “dialogo con se stessi” nel racconto Lenz di Georg Büchner, un topos antico quanto l’Iliade, che però nella sua formulazione originaria presupponeva la fondamentale unitarietà del soggetto in cui avviene il monologo interiore. Al contrario, nel personaggio di Lenz, poeta folle, viene sancita l’impossibilità di questa unità proprio dall’incapacità stessa di avviare questa comunicazione con se stesso e dalla conseguente affermazione del soggetto come entità frammentaria e scissa.

Infine, Paduano ha trattato l’antico topos della “natura che ride”, ovvero della natura che riflette lo stato d’animo dell’uomo, la sua letizia, e la sua profonda trasformazione nel III atto del Parsifal di Wagner. Nel Parsifal il riso assume più di una connotazione: è risata denigratoria quella di Kundry, la donna che ride di Gesù sulla Croce, e che per questo verrà punita con una maledizione secolare, quella di non poter piangere. Solo dopo un lungo percorso di redenzione Kundry riuscirà di nuovo a erompere nel pianto, in contemporanea alla rinascita della natura nell’incantesimo del Venerdì Santo. Le parole di Parsifal saranno: “Tu piangi, vedi! il prato ride”. In questo caso, a differenza dell’originaria declinazione del topos, la natura e l’uomo hanno due manifestazioni opposte, eppure coincidenti ad un livello più profondo.

Gli spunti di riflessione suscitati dalle considerazioni di Paduano sono molti. Le operazioni della comparatistica, così come lo studio dei topoi attraverso i secoli e le letterature, non devono limitarsi esclusivamente ai rapporti di discendenza genetica tra i testi, all’automatismo dell’imitatio. E allo stesso tempo non si può ritenere come frutto di coincidenza o caso tutto ciò che non può essere ricondotto alla filiera genetica, come non si può ricondurlo al modello degli archetipi junghiani, strutture che, secondo Paduano, non possono servire alla critica letteraria, in quanto distruttive di ogni differenziazione e significato. Ciò che invece dev’essere indagato è, analizzando singolo testo per singolo testo, come in diverse circostanze storiche siano state stimolate risposte simili, dando vita a interessanti parallelismi, e privilegiando nello studio i fenomeni di ricreazione autonoma rispetto alla semplice meccanicità dell’imitatio o aemulatio. Ciò che rende un testo un capolavoro non è, infatti, la sterile ripetizione di pattern letterari precedenti, di topoi, bensì l’elemento di novità, di scarto, di originalità, così come emerge dagli esempi letterari citati. Una delle linee di accesso più interessanti a questo aspetto, come suggerito dal professor Gilodi in commento alle tesi di Paduano, è stato forse proprio quel “senso dell’individuale” in relazione all’opera letteraria, in cui per “individuale” si intende “unico nella sua irrepetibilità”, assunto dal circolo protoromantico di Jena come cifra del loro pensiero nonché come essenza della poesia moderna rispetto a quella antica.

Recalling Warwick: l’esperienza di Barbara

Barbara, neolaureata in Culture Moderne Comparate, racconta il suo Erasmus a Warwick, cittadina situata nel cuore dell’Inghilterra.

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Barbara, Anna, Annagiulia e Luca a Warwick

In questi giorni post laurea di noia e di domande, mi sono messa a fare pulizie in camera mia. Tra i cumuli di polvere e gli scontrini della panetteria ho trovato due cose: il mio “dossier dell’Erasmus”, una busta piena di tutta la carta che ho portato dall’Inghilterra, e il mio diario di quei giorni. In realtà sapevo benissimo dove fossero entrambe le cose, ma la maggior parte del tempo fingo non esistano per paura di quello che rappresentano.

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