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Il ghiaccio

Giorgia Bruno, in questo suo racconto, tratta di un giovane Amleto moderno innamorato e stregato che vive in prima persona una delle più tragiche storie cantate dal grande Fabrizio de Andrè, nell’ambito del corso di Letterature comparate, Le forme del sonetto, le forme del tragico: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi). 

PREMESSA

Il racconto ha come intento quello di fondere le trame dei sonetti di Petrarca, dell’Amleto di Shakespeare e, infine, della Ballata dell’amore cieco di Fabrizio de André. Verranno riprese, in questa narrazione, alcune descrizioni tipicamente stilnovistiche della donna-angelo, gli eventi tragici raccontati dal cantautore italiano nella celebre canzone del 1966, e verrà riportato in luce lo sfondo psicologico di un figlio, affranto dalla perdita del padre, che si ritrova, da molto giovane, a dover affrontare una madre che al tempo stesso ama e odia. Il titolo non solo fa un chiaro riferimento al contesto invernale in cui si sviluppa il racconto, ma metaforicamente indica anche la freddezza con cui viene trattato e manipolato il protagonista. Sotto ad un affascinante lago ghiacciato possono nascondersi dei mostri, esattamente come dietro ad una fanciulla dai tratti paradisiaci, può celarsi una natura maligna e subdola.

*

Bene Vagienna, inverno del 1948[1].

La quercia nera nel giardino mi fissava con occhi assopiti, in quel bianco pomeriggio di gennaio. Io me ne stavo seduto sulla vecchia poltrona in vimini del nonno, travolto dall’odore di legna ardente e di sapone di Marsiglia, poggiato poco lontano dal lavandino. Quel giorno tutto sussurrava parole di morte: il vento tra le fessure della finestra, la vecchia radio di nonna sempre accesa e, più di ogni altra cosa, il cigolio del letto di mamma. Il “mostro maledetto”, come lo chiamava lei, era di nuovo tornato quell’anno e come tutte le altre volte l’aveva resa debole come una foglia secca, pallida come le lenzuola su cui giaceva e leggera come un foglio di carta. Il suo cuore allora, non era che un instabile marchingegno dalle viti mal fissate, sempre pronto ad interrompere il suo pulsare.

In pomeriggi come quello, affiorava in me il ricordo di quando mamma, alla domenica, mi passava il mestolo sporco di crema o di cioccolata, dopo aver cucinato una delle sue torte. Il gusto di quel cucchiaio, che ora giace abbandonato nel cassetto, è ancora fisso nella mia mente, tatuato ed indelebile. Proust, forse, parlava già di un concetto simile quando raccontava della memoria rianimata da un piccolo boccone di madeleine[2], o almeno questo è quello che mi ricordo delle lezioni del vecchio professore di Carrù. Mi basterebbe un minuscolo assaggio di quel mestolo per poter rivedere la mia infanzia: la mamma impeccabile ai fornelli con quel grembiule immacolato, la nonna seduta sulla poltrona a cucirmi le toppe della divisa scolastica e il papà…beh il papà non lo so a dire il vero: era partito un giorno del ’43 dicendo che sarebbe andato a comprare il tabacco giù in paese, ma dal vialetto di casa non fece mai ritorno. Lo aspettai per delle settimane, incollato alla finestra, pregando e piangendo. La mamma, invece, passava delle ore sul balcone affacciato sulle Langhe e, per quanto il suo sguardo fosse diventato grigio e i suoi occhi viola dalle lacrime, dava l’impressione di sapere esattamente dove fosse papà. Iniziò a stendere lenzuola nere quando le truppe tedesche giravano in città, e quelle bianche quando le vie di Bene Vagienna erano sgombre dai fascisti. Fu solo qualche anno più tardi che, studiando, capii che mio padre faceva parte dei cosiddetti “partigiani”, e solo quando scoprì la sua malattia, la mamma decise di dirmi che era stato catturato ed ucciso in un campo poco lontano da noi.

Mamma è sempre stata il mio unico punto di riferimento, una sorta di dea, un raggio di luce che penetra e graffia l’atmosfera. Ho sempre provato una sorta di affetto morboso per lei, una pulsione, una scossa d’inestimabile amore edipico, e questo mio sentimento nei suoi confronti lo coltivai fino all’anno seguente la morte di mio padre. Esattamente due mesi dopo la scomparsa di papà, infatti, la mamma mi presentò Claudio[3], un uomo pungente, basso, vecchio, sicuramente intelligente, ma sempre pronto a criticare e a dare consigli di certo non richiesti. Non aveva niente a che fare con mio padre e ciò che ancora di più mi dava noia era il non riuscire a capacitarmi del come mia madre si fosse dimenticata così in fretta dell’armonia della nostra famiglia. Ricordo che una sera, affranto dal dolore per la morte di mio padre e colmo di odio e rancore verso quell’uomo disgustoso, seduto a capotavola mi rivoltai contro mia madre dandole della “bestia”[4]. Un animale avrebbe patito più a lungo la morte di un caro, un animale sarebbe stato più bravo nel portare il lutto. Un Animale avrebbe finto meglio. Da quella sera, il legame tra me e mia madre si ruppe, non ridemmo più, non piangemmo più. L’unico dovere che ancora mi costringeva a lei era la sua dannata malattia al cuore che la divorava dal mattino alla sera, senza sosta. E Claudio? Beh lui, da vero gentiluomo, scappò dopo due anni per una donna molto più giovane di mia madre, abbandonandola nel suo letto che in quel maledetto pomeriggio di gennaio cigolava e strillava. Fu proprio quel giorno del ’48, però, in cui finalmente, dopo tanti anni di buio, rividi un raggio di luce simile a quello che emanava mamma quando ero piccolo: affacciato alla finestra incorniciata dalla muffa, vidi un angelo passeggiare sulla neve del vialetto. Era una creatura con la pelle liscia e di un colore poco più roseo della neve circostante, le labbra della stessa tinta delle rose sul comodino, e i capelli come raggi di sole ondulati che si scioglievano sulle sue spalle[5]. Mai, e dico mai, avrei creduto che si potesse assistere ad una visione come quella: rimasi estasiato, con un vortice di farfalle e falene che volteggiavano non solo nel mio stomaco, ma in tutto il resto del mio corpo, fino a raggiungere i più estremi capillari. Non trovo pace, non riesco a contenere il mio cuore che batte come un tamburo, non voglio nemmeno provarci a contenerlo, a dire il vero. Mi sento ardere e mi sento ghiaccio, mi sembra di volare e mi sembra di essere disteso a terra tra i fiori, piango e rido, grido e non ho una lingua, vedo e non ho gli occhi. Una prigione, quella donna mi aveva appena messo in una prigione da cui non sarei più uscito[6]. “É la nipote di Anita, qua accanto” disse mia madre che nel frattempo si era accovacciata sul bordo del materasso: “Viene da Parigi, è molto acculturata, ma si dice che sia una vera arpia”. Ricordo ancora lo sguardo che posai su mia madre dopo quell’acido “arpia”, sputato fuori dalla sua bocca come veleno. Come poteva essere cattiva una fanciulla arrivata direttamente dalle scale del Paradiso?

Il giorno seguente uscii per andare in centro a Bene a comprare le medicine per mamma. Il freddo quel giorno era ancora più spietato: si infilava in ogni fessura dei vestiti e correva sulla pelle e sui muscoli, penetrando nei pori e raggelando il sangue. Persino la statua di Botero, lì fiera ed inerme sembrava sentire il gelo più degli altri giorni: aveva un cappello di neve e del ghiaccio lungo tutto il mantello e sui manuali di teologia su cui poggiava la mano. Il suo sguardo marmoreo sembrava scrutarmi l’anima, pareva essere a conoscenza della voragine che divorava i miei organi, dopo l’incontro con la creatura fatale. Non appena varcai la soglia della farmacia, una nube di calore incorniciò il mio volto, riscaldando ogni centimetro della mia pelle. Lì l’atmosfera era diversa, più spessa, in qualche modo tangibile. Alzai lo sguardo e tolsi gli occhiali, rimasti appannati dallo sbalzo termico: quello che vidi davanti a me, mi diede una scossa così profonda e prepotente da lasciarmi senza fiato. Un cappotto rosso scuro, decorato da ricami di un colore verde pino e coperto sulle spalle da candidi riccioli d’oro, si ergeva a pochi centimetri da me. Il profumo di orchidea, che emanavano i suoi guanti color perla, ancora adesso mi arde nelle narici, e il suono della sua voce ancora ora risuona nella mia testa come un accordo d’arpa, lontano e delicato come cotone. “Buongiorno, Laurine” mi sembrò di sentire dalle mie orecchie, assordate dal frastuono del mio stesso battito. Laurine, L-A-U-R-I-N-E. Certo, come poteva non chiamarsi allo stesso modo della donna più celebrata dalla letteratura italiana?[7] Tutto di lei emanava luce e diffondeva calore, tutto di lei rendeva ciechi e sordi, tutto di lei era astrazione, niente di lei era umano. Nemmeno i suoi movimenti sembravano appartenere ad una persona in carne ed ossa[8]: lenti, dosati, leggeri come le piume di un cuscino. Si voltò con una pacatezza estrema e finalmente, dopo un tempo per me infinito, riuscii a vedere i suoi occhi. Due sfere del colore del mare, con sprazzi di schiuma bianca e graffi grigi e blu. Sentivo di affogare dentro quei laghi profondi e pericolosi di cui non si conosceva il fondale. Mi vergognavo quasi a guardarla, non riuscivo a mantenere il contatto visivo per più di tre o quattro secondi… come se davanti a me, imponente e spietata ci fosse la Madonna, pronta ad giudicare i miei peccati. Quando Laurine era a meno di venti millimetri da me, mi sentii sfiorare le dita dai suoi guanti di seta lucente: la sua mano corse sul mio braccio e mi disse con la voce di un candore sovraumano: “Tu devi essere Fabrizio[9], il mio vicino, vero?”.

Dentro di me cadde il buio, mi trovavo in un tunnel nero senza uscita: la lingua sembrava anestetizzata, incollata al mio palato senza via di fuga, i miei occhi guardavano a terra impotenti ed incapaci di sollevarsi, il mio corpo era pietrificato, come quello di Botero là fuori, che ancora sbirciava nella bottega. Il mio respiro era cessato e fu solo quando le sue dita d’avorio fecero una leggera pressione sul mio gomito, solleticando il nervo, che riuscii a riprendere vita e colore. Alzai lo sguardo, con una lentezza pari alla sua e per un nano secondo credetti di cedere: le mie gambe tremavano e sentivo il mio battito sussurrarmi il suo pulsare nelle orecchie. Aprii la bocca impastata come sabbia e vomitai un pallido “Si, sono io”. Il suo sguardo si spalancò in un sorriso sincero e compiaciuto, e mi chiese se mi andasse di accompagnarla a casa visto che stringevo tra le mani il mio ombrello viola. Fuori scendevano a gara fiocchi di neve, grossi come batuffoli di cotone, io strinsi con sicurezza l’ombrello rotto e vecchio della nonna e le risposi con maggiore convinzione “SI”. Laurine si attaccò al mio braccio, lo strinse a sé e il mio cuore si fermò. Trattenni il fiato, varcai la porta d’ingresso e con le mani tremanti aprii quell’insieme di ferraglia e bulloni che troppe volte avevo provato (invano) a riparare. Parlò, o meglio cantò, per dei minuti infiniti: la sua voce mi cullava, mi trasportava sulle nubi, mi rendeva aria. Ricordo di essere sembrato un impedito, ma le mie parole erano incastrate lì, tra la gola e l’ugola, e nulla riusciva a superare il palato. Talvolta mi voltavo per qualche millesimo di secondo per osservarla e annuire alle sue affermazioni sulla Sorbone, sul cibo francese decisamente troppo grasso e “burroso”, sui ragazzi troppo precipitosi e sulle riviste di moda banali e fatiscenti. Arrivati davanti alla porta di casa, mi diede un bacio sulla guancia e io rimasi a fissarla impietrito come un vero imbecille. Non potevo credere a cosa mi fosse appena successo. Mi sentivo completamente travolto da una bufera di sensazioni formidabili, calde, eterne, vive. Lei mi sorrise e mi fece un cenno con la mano, al quale io risposi con una pallida smorfia di saluto. Entrai in casa e lasciai che finalmente le mie gambe potessero crollare in un dolce svenimento: restai sull’uscio, accasciato e sorridente per una decina di minuti, quando all’improvviso una voce acuta e debole ruppe l’incantesimo: “Hai trovato le medicine o come al solito bisogna aspettare di morire per ottenere un po’ di aiuto?”. Il mio stomaco divenne un groviglio d’odio e di nervi, mi sollevai con le gambe tremanti e raggiunsi il letto matrimoniale dove giaceva mia madre. “Ho dovuto accompagnare a casa Laurine, mamma. In farmacia non sono stato per più di dieci minuti” “E ora sarà chiusa, immagino. Questo è il tuo grazie per tutti gli anni trascorsi ad allevarti da sola? Per di più per correre dietro a quella megera maliziosa di Laurine. Stalle alla larga, Fabrizio, ti farà del male”. In quell’esatto momento guardai mia madre negli occhi e le dissi con fermezza e piena coscienza: “Spero vivamente questo sia il tuo ultimo inverno”. Silenzio. Non rispose, non aveva parole e forza per farlo: lasciò andare tutti i suoi muscoli e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Con il cuore stretto da mani fantasma, mi voltai e uscii a denti sigillati per camminare nel bosco, proprio dietro la casa del vecchio Tom.

Dopo circa un’ora che passeggiavo sentii una voce lontana che gridava il mio nome: Laurine correva come un cerbiatto tra il muschio e le cortecce degli alberi. Mi raggiunse e il mio cuore cupo tornò a sorridere. Parlai a braccetto per delle ore, mentre i fiocchi le cadevano sui boccoli e sulle ciglia, completamente assopito e avvolto in quel calore e in quella luce che emanava il suo corpo sinuoso e puro. Quando arrivammo al ruscello ghiacciato mi prese le mani per non scivolare e, dopo alcuni minuti, mi trascinò ridendo di gusto sulla lastra di vetro lucente. Rotolammo per terra in meno di dieci secondi, e fu in quel preciso momento, in cui Laurine si stese sopra di me, esausta dalla fatica e dalle risate, che mi guardò e mi baciò. Labbra contro labbra, l’eternità celeste che si scaglia su due giovani fatti di cenere. Sarebbe potuto durare per sempre quell’attimo, sarei morto tra le sue braccia, felice, senza paura del dopo, dell’inferno o del paradiso. Sereno.

Ci tirammo su in piedi e ci mettemmo a sedere sul tronco di una betulla recisa. Lì mi prese le mani e con sguardo sicuro, ed in parte subdolo, pronunciò queste parole: “Tu mi ami, vero? Me ne sono accorta dal primo istante, fate tutti la stessa faccia quando mi vedete, tra l’estasi e lo stupore”. La guardai, perso tra il suo canto di sirena e i suoi capelli in lotta coi raggi di sole. “Tu uccideresti qualcuno per me? Come tua madre? Sono sicura che per me strapperesti via il cuore malato di quel diavolo, per darlo ai miei cani”[10]. Posso giurare di aver visto nei suoi occhi una scintilla di follia, mentre quelle parole taglienti sgorgavano dalla sua bocca. Incapace di riflettere, posai il mio sguardo sulle sue mani che sfioravano il mio braccio e, stregato dalla creatura le risposi: “Io per te fare qualsiasi cosa.” Sogghignò e mi disse “Bravo, ora dimostramelo!”. Tornai a casa con passo svelto e sicuro, spalancai silenziosamente la porta e mi avvicinai al letto, dove mia madre dormiva, con il viso rivolto alla foto di papà sul comodino. Sembrava quasi sorridere, mentre le piantavo il coltello tra lo sterno e le costole. La uccisi con una violenza innata e compiaciuta, e ricordo che ridevo forte. Ridevo, perché allora Laurine mi avrebbe amato; ridevo, perché finalmente papà avrebbe avuto la sua vendetta; ridevo perché ora la mamma, in qualche modo, era libera. Il suo cuore malato, ora, era nelle mie mani, esausto e senza vita: poteva scappare in alto nel cielo, senza più quel peso fastidioso del “maledetto mostro”. Corsi come un pazzo da lei, che ancora mi aspettava dalla betulla: le porsi il cuore di mia madre con orgoglio, in attesa di un suo apprezzamento per il gesto compiuto. Invece, ciò che ricevetti fu un unico e sprezzante: “Disgustoso, Fabrizio. Come puoi anche solo pensare che un orrore simile possa dimostrarmi il tuo cieco amore per me?”.

Mi sentii morire e per il primo istante percepii il magone e il dolore per ciò che avevo commesso: uccidere la propria madre, un gesto avventato ed orribile per cui mai e poi mai mi sarei dato pace. Piansi, piansi e piansi. Mi gettai tra le braccia del mio angelo che dandomi una carezza sulla testa mi sussurrò nell’orecchio con una voce affilata: “Se vuoi convincermi dell’amore che provi per me e soprattutto se vuoi espiare il tuo grave peccato, c’è solo una cosa che devi fare”. Esitò un istante guardando a terra, poi sorrise e mi ipnotizzò con le sue perle celesti: “Tagliati. Le. Vene.”

Gelo. Una scossa di ghiaccio percorse ogni mia vertebra, arrivando fino alla mia nuca. Le chiesi se fosse davvero quello che volesse, se desiderasse vedermi morire in quel bosco, col cuore ormai grigio di mia madre, poggiato poco lontano da noi sulla neve. Laurine mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte, mi baciò e con un ghigno crudele, mi disse: “Si”.

Sono passati pochi minuti da quella risposta, arida e violenta, ma nella mia testa sono trascorse delle ore intere. Una cascata di fuoco sta colando tra i miei organi, sento l’adrenalina sulla punta delle dita, la gola secca, le guance umide di lacrime e le gocce di sudore che fanno a gara sul mio collo. Mi volto e vedo inerme il cuore di mamma, quel cuore su cui per tanti anni, da bambino, mi sono appoggiato per sentirne il lento pulsare che mi cullava. Prendo il coltellino svizzero dalla tasca in alto del cappotto, mi accarezzo il polso con la lama e osservo innamorato il primo fiotto di sangue che disegna una riga sulla mia pelle cadaverica. Sento dolore, ma almeno ora Laurine sa che l’amo. La guardo, tremando dalla paura e, invece di vederla pregarmi di smetterla, la trovo seduta sulla betulla che ride a crepapelle. Lei e la sua vanità gioiscono fredde accanto al ruscello, come un pezzo di ghiaccio. Il mio sangue bagna e scioglie la neve, sotto di me, le mani cambiano colore e la creatura si fa sempre più lontana e sfocata. Ora sa che la amo, ora sa che voglio lei e che per lei farei di tutto. Chiudo gli occhi e mi addormento sentendo il suono sinistro della sua risata leggera. Sono felice, sorrido, mamma e papà mi tendono la mano.

BIBILIOGRAFIA

  • À la recherche du temps perdu – Du coté de chez Swann di Marcel Proust (1906-1922).
  • Hamlet di William Shakespeare (1599-1601).
  • Canzoniere di Petrarca (1335-1374): Erano i capei d’oro a l’aura sparsi; Pace non trovo, et non ó da far guerra.
  • Ballata dell’amore cieco di Fabrizio de André (1966).

[1] La data fa riferimento, nelle ultime due cifre, alla morte della celebre amata di Francesco Petrarca, Laura, avvenuta il 6 aprile del 1348 ad Avignone.

[2] Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust (1906-1922).

[3] Il nome si riferisce al personaggio di Claudius, amante di Gertrude, nella tragedia Hamlet di Shakespeare (1599-1601).

[4] Il termine bestia viene utilizzato nell’Hamlet di Shakespeare (1599-1601) per indicare la madre Gertrude, che non sembra aver realmente sofferto per la morte del primo marito.

[5] Si fa riferimento al primo verso del sonetto di Petrarca Erano i capei d’oro a l’aura sparsi (Canzoniere, 1335-1374), quando vengono descritti i capelli della donna amata.

[6] Queste ultime tre frasi (espresse all’indicativo presente, perché ancora sentite nel momento in cui vengono raccontate) riprendono i primi versi petrarcheschi del sonetto Pace non trovo, et non ó da far guerra (Canzoniere, 1335-1374).

[7] Si intende Laura de Noves, donna colta, amata e celebrata da Francesco Petrarca.

[8] Si fa nuovamente riferimento al sonetto Erano i capei d’oro a l’aura sparsi (Canzoniere, 1335-1374), nei versi in cui viene descritto il movimento e l’andatura dell’amata.

[9] Fabrizio come Fabrizio de André, che sarà protagonista dell’ultima parte del racconto.

[10] Questa prova d’amore, proposta da Laurine, fa un chiaro riferimento alla Ballata dell’amore cieco di Fabrizio de André del 1966

Antigona: La Madre Patria chiama!

Francesca Marino in questa riscrittura presenta il mito di Antigone nella Russia del primo dopoguerra.

Il lavoro è stato presentato nell’ambito del corso di Letterature Comparate, Le forme del sonetto, le forme del tragico: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“In questa mia riscrittura ho voluto adattare il mito di Antigone in un periodo storico molto intenso. Ho voluto far emergere particolarmente il dolore provato dalla giovane protagonista divisa tra la libertà di amare i suoi fratelli e la tirannia di chi governava in quel momento”

*

Dialogo tra le sorelle Antigona e Ismiena.

Antigona
Basta! Basta! Per quanto ancora deve continuare questa tortura?
Qualche giorno fa eravamo sul corpo di nostro padre a versare le lacrime mentre sentivamo le nostre stesse urla e adesso ci ritroviamo di nuovo a dover sopportare tanto dolore…

Ismiena
Mia cara sorella purtroppo è questa la vita. Dobbiamo rassegnarci, la città di Volgograd è piena di disgraziati che da un momento all’altro potrebbero toglierti la vita a sangue freddo; è così, è questa la spietatezza, la rabbia e la disumanità che arriva con gli ordini da parte di Stalin.
Antigona mi raccomando stai attenta, ricordati chi è colui che dà gli ordini in questa città: Kreon. E’ un mostro e lo sai bene, anche se è nostro zio non si fermerà di fronte a nessuno, ucciderebbe anche la cosa più cara a lui.

Antigona
No! Ne ho abbastanza di queste sciocchezze.
Sorella io ti chiedo: perché i nostri fratelli sono stati ritenuti traditori? Solo perché hanno fatto sentire la loro voce? Perché hanno detto ciò che è giusto?
Non sono stati degnati neanche di una misera sepoltura, neanche un fosso ai piedi della collina. Tu li hai visti con i tuoi occhi, i loro corpi vicino al Volga, pronti ad essere trascinati via, senza alcuna dignità, dal fiume e dalle bestie.

Ismiena
Mia cara i nostri fratelli volevano solo andare via da questa città, trovare fortuna e realizzare i loro sogni ma ciò è ritenuto come un tradimento per la Patria e soprattutto per i Grandi che stanno al potere. Dunque adesso le nostre vite dovranno continuare anche senza di loro; sono sicura che troverai un uomo che ti sposerà con cui vivrai felicemente e non penserai più a tutto questo.

Antigona
Io non posso stare ferma a guardare.

Ismiena
Si che puoi, anzi, devi! Antigona basta seguire le leggi e andrà tutto bene; guarda che fine ha fatto nostro padre, guarda i nostri fratelli… vuoi lasciarmi da sola?

Antigona
Tu non capisci, io voglio rendere giustizia alla nostra famiglia, amo la mia patria ma… Non è giusto tutto questo.
Sorella se ami questa famiglia aiutami. Questa notte daremo degna sepoltura ai nostri fratelli che tanto ci hanno amato e difese fino all’ultimo dei loro giorni.

Ismiena
No sorella, io mi oppongo. Dobbiamo stare in silenzio, non fare niente, solo seguire le leggi emanate da Kreon, sai meglio di me che i corpi che vengono lasciati in riva al fiume devono rimanere lì e chiunque li tocchi farà la stessa fine.

Antigona
Sì, sono a conoscenza di questa legge, ma noi faremo tutto di notte, nessuna luce, solo quella della luna che risplenderà nei volti dei nostri amati fratelli.
Una sepoltura ai piedi della collina, dove un tempo ci riunivamo tutti insieme a leggere le pagine di Dostoevskij. Fallo con me, fallo, fallo, fallo!

Ismiena
Ora basta sorella, non lasciarti travolgere dall’irrazionalità, pensa prima di agire.

Antigona
Ho pensato abbastanza.

Intanto all’interno del Palazzo, il potente Kreon
stabilisce nuove leggi e impone la sua tirannia.

Kreon
Ora guardo la mia città, il mio popolo, sento il mio potere.
Adesso tutte le leggi emanate dovranno essere seguite e per nessun motivo devono presentarsi incongruenze o individui che non le rispettino. Esigo che entro il tramonto vengano appesi in tutta la città i cartelli con le leggi fondamentali; si fa come dico io altrimenti…la morte!
Sono arrivato fin qui grazie all’appoggio del grande Stalin a cui devo tutto, un grande uomo che darebbe la vita per la sua patria. Oh il nostro отец (padre)! Viva la Patria! Viva l’Urss!

Poche ore dopo…

Guardia
Kreon la informiamo che purtroppo tutte le guardie non sono riuscite a completare l’incarico dato da lei per la fine del tramonto. E’ colpa nostra.

Kreon
Incompetenti! Continuerete finché non avrete finito e se sarà necessario continuerete anche durante la notte. 
Ricordate di appendere nei dintorni del fiume una delle leggi fondamentali:

‘’любой, кто окажет честь и похоронит мертвого предателя, будет застрелен, а затем скормлен речным зверям’’

(‘’Chiunque darà dignità e sepoltura ai morti traditori verrà fucilato e successivamente dato in pasto alle bestie del fiume’’)

Durante la notte le guardie terminano l’incarico dato dal tiranno e Antigona attua la sua missione.

Antigona
Fratelli è questo che vi meritate, la dignità, la sepoltura, l’amore di una sorella.
E mentre scavo queste fosse penso a quanto sia ingiusto tutto questo; il silenzio che ormai trattenevo era così forte da spaccare la terra.
Giustizia! Giustizia! Giustizia!
Fratelli amati, nella fossa che ho scavato con le mie forze e le mie lacrime, terrete sempre accanto a voi la nostra citazione preferita di Dostoevskij:

‘’La gente spesso parla di crudeltà “bestiale” dell’uomo, ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie: un animale non potrebbe mai essere crudele quanto un uomo, crudele in maniera così artistica e creativa.’’ [ i fratelli Karamazov].

Strano modo di morire vero? E’ quasi emozionante come la citazione più significativa per noi alla fine rispecchi tutto quello che stiamo vivendo.
Ultimo addio ai piedi della collina, tornerò qui quando i fiori che ho piantato sbocceranno e mi ricorderanno di voi. Ci incontreremo in весна (primavera).

Qualche istante dopo…

Guardia
Giovane donna lei è sporca di terra e oserei anche dire macchiata di peccato! Dovrà dare spiegazioni a Kreon.

Antigona
Non devo dare nessuna spiegazione! Lasciatemi libera!

La guardia porta Antigona davanti al giudizio di Kreon.

Guardia
Signore durante la notte ho scovato una giovane fanciulla ai piedi della collina Mamaev Kurgan sporca di terra, oserei dire che stesse seppellendo qualche suo caro.

Kreon
Guardia silenzio!

Antigona
E’ vero, ha ragione questa misera guardia. Ho seppellito i miei fratelli, sì quelli che lei chiama traditori solo perchè speranzosi in un differente futuro, quelli con cui condividete il sangue.

Kreon
Sciocca! Come osi dire una cosa del genere, io non sono come voi bestie traditrici.

Antigona
Sicuramente le bestie hanno meno crudeltà di lei.
Io e i miei fratelli siamo i Nikitin, nostro padre era Idip; le sembra familiare questo nome? Ebbene sì, le sto parlando proprio di suo fratello.

Kreon
Tu sei pazza! Guardie portate subito questa ciarlatana nelle stanze sotterranee, più tardi vedrò cosa farne.

La mattina seguente il giornale della città annuncia
l’imminente esecuzione pubblica di una giovane donna.

Ismiena
No! Non può essere lei, non può averlo fatto veramente; sciocca che sono io, dovevo fermarla, è colpa mia, non ho fatto niente, sono stata immobile…

Durante la notte precedente avviene però un fatto.

Antigona
Luna come sei bella, forse è l’ultima volta che ci vedremo da così lontane, forse presto ti raggiungerò.
Luna come sei bella, proprio come quei fiori che in primavera sbocceranno ma che io non vedrò mai; splendi di una luce non tua, fai di tutto per illuminare. Anch’ io ho fatto di tutto per i miei fratelli e per la giustizia, ah quanta giustizia brucia nel mio sangue.
Mia luna fa brillare la mia città, i suoi giardini, le sue case , le sue strade, le sue persone e le sue piante; fa sì che tutti si ricordino di me, anche se ho compiuto un gesto apparentemente sbagliato, ricorda a tutti che ogni persona ha una dignità e ha bisogno di essere ricordata.
Luna brilla sul mio giovane corpo e indica a mia sorella Ismiena il luogo di sepoltura.
Addio mia amata Volgograd ora sarò al fianco della luna.

La mattina le guardie vanno nelle celle da Antigona per portarla da Kreon.

Guardia:

Signore! Signore! La ragazza è morta, c’è sangue ovunque!

Kreon:

Siete sicuri?

Guardia:

Sì, è stato trovato un proiettile.

Kreon:

Sicuri che fosse suo? E’ veramente ferita o è una messa in scena?

Guardia
No Signore, la giovane riporta una ferita profonda al cuore.
E’ stata trovata una lettera accanto a lei su cui c’era scritto: ‘‘L’irrazionalità e l’amore mi hanno portata fino a qua, adesso metterò fine a tutto ma solo tramite la mia stessa mano, colei che mi renderà degna’’.

Kreon
Guardie…seppellite il suo corpo.

Bibliografia:

– Codovini Giovanni, Desideri Antonio, Storia e storiografia; dalla Belle epoqué a oggi.

– Dostoevskij Fedor, I fratelli Karamazov.

– Sofocle, Antigone .

FOYER SHAKESPEARE – Primo incontro sul ‘first-folio’, 10/10/2023, h 10:00, aula 39, Palazzo nuovo

Primo evento del ciclo di incontri di ‘Foyer Shakespeare’, il progetto pensato dagli studenti triennali dei corsi di laurea in lettere e letterature comparate dell’Università degli Studi di Torino, per avvicinare giovani studiose e giovani studiosi alla lettura, la ricezione e la traduzione dell’opera di Shakespeare.

Il primo incontro, dedicato al first-folio, vedrà l’intervento dei Prof. Franco Marenco, Alessandra Petrina e Rocco Coronato in dialogo con il regista Silvio Peroni.

…TUA, B.

Schettino Martina, in questa sua composizione, rielabora il concetto di colpa e peso della coscienza sotto forma diaristica, riportando i pensieri più intimi e profondi di una giovane protagonista, nell’ottica del corso di Letterature Comparate B mod. 1 Verità e coscienza. Narrativa, poesia, teatro (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“Ho sentito un brivido lungo tutta la schiena; il modo in cui ha pronunciato quelle parole, il suo sguardo che è improvvisamente diventato vuoto… è stata solo una mia percezione?”

*

22/09/2022

Caro Diario,

Eccomi, sono arrivata nella mia nuova casa! Finalmente, non vedevo l’ora!. L’Inghilterra è spettacolare, sono così contenta di essere qui. L’appartamento non è grandissimo ma ho un’intera, spaziosissima parete per la mia libreria. La mia coinquilina, Lizzy, è molto simpatica. Mi ha fatto fare un tour della casa e mi ha già dato qualche informazione sulle varie feste che i suoi amici hanno in programma. Per ora voglio concentrarmi sulla sistemazione della mia roba e voglio prepararmi per l’inizio delle lezioni. Mancano solamente due settimane; mi sento agitata ma al tempo stesso sono emozionata. È il mio sogno da sempre! Oxford! Ancora non ci credo, che gioia! Datemi un pizzicotto o crederò ancora di essere in un sogno. Adesso vado, ne approfitto per chiamare mamma ora che Lizzy è sotto la doccia
Tua, B.

07/10/2022

Caro Diario,

sono tornata, prima settimana di lezioni. Ho smesso di scrivere per un po’… mi dispiace, so bene che la scrittura mi aiuta tanto, eppure in questi giorni sono stata così impegnata. Tra l’inizio delle lezioni e le presentazioni ai tantiamici di Lizzy (dire tanti è un eufemismo, non so come questa ragazza riesca a intrattenere tutti questi rapporti sociali, costantemente…), non ho avuto un attimo di tregua. L’appartamento è finalmente sistemato, io e Lizzy lo abbiamo reso molto carino. Anche a mamma piace molto. Ho ancora una lezione per oggi, storia inglese. Il professore è simpatico e si vede che mette molta passione in quello che fa. Abbiamo iniziato dalle origini della storia inglese, dai Britanni alla conquista dell’Impero romano. Una settimana stancante ma molto produttiva; la professoressa di English ci ha già assegnato un saggio da scrivere su Beowulf… vado a lezione.

h. 19 sono in camera, Lizzy è appena tornata con il suo fidanzato, non sembra che le cose vadano molto bene tra loro. Lei piange, penso stiano per chiudere la relazione, mi ha confidato che è da qualche tempo che le cose tra loro non vanno bene.

10/10/2022

Jordan e Lizzy non si sono lasciati. Io sono a metà del mio saggio di Beowulf e in ritardo per la mia lezione di Storia Inglese ciaoo.

11/10/2022

Caro Diario,

ho dormito male questa notte; Lizzy è tornata tardi e ha fatto molto rumore, penso avesse bevuto troppo la sera. Continuava a ripetere un nome, o meglio, continuava a biascicare un nome, storpiando tutte le lettere che lo compongono; strano…

   13/10/2022

“If you could hear at evert jolt, the blood
Come gargling from the fourth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues, –
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
the old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.”

Wilfred Owen, uno dei war poets che preferisco in assoluto. La potenza delle parole con cui esprime il suo disprezzo verso i finti ideali sociali del tempo mi provoca sempre un’emozione indescrivibile. Spero un giorno di riuscire ad esprimermi in maniera così decisa ma allo stesso tempo elegante come Owen.

Il saggio è quasi terminato; per essere il primo vero saggio che io abbia mai scritto, sono abbastanza soddisfatta. Lizzy mi ha aiutata con alcune parti più tecniche, sto ancora perfezionando la mia scrittura saggistica. Ultimamente non sta molto bene, non capisco bene cos’abbia… sembra sempre sull’orlo di una crisi o un pianto, è spesso nervosa e molto moody. Quando provo a chiederle di parlarne ha come un sussulto e cambia velocemente umore e argomento, come se tutto il malumore che c’era non fosse mai esistito, se non nella mia testa. Questi suoi comportamenti mi confondono, non capisco perché si comporti così. Anche Jordan si fa vedere sempre meno in casa. Sarà successo qualcosa tra loro?

 15/10/2022

Finalmente è sabato! L’Università è stancante, un ambiente completamente differente da quello del liceo e gli ambienti scolastici inglesi sono così lontani da quelli italiani. All’inizio è stato veramente difficile ambientarsi, ma ho trovato delle persone fantastiche che non mi hanno fatto sentire sola un solo istante. Posso dire di essere la felicità fatta persona!

16/10/2022

Diario,

questa notte è successo qualcosa a Lizzy… è tornata nuovamente molto tardi a casa, piangeva e continuava a ripetere a qualcuno dall’altra parte del telefono che non poteva più sopportare questa situazione, era stanca e voleva solo dormire. Sono sinceramente preoccupata, ma come sempre non ha voluto parlarmene; neanche quando le ho detto che avrei provato ad aiutarla in ogni modo si è voluta liberare del peso che porta nel cuore. In effetti, ora che ci penso… inizialmente non ci ho fatto molto caso, ero stanca, appena sveglia e nel bel mezzo della notte. Ma ora, ripensandoci… mi ha risposto che a quel punto neanche Dio avrebbe potuto aiutarla. Ho un brutto presentimento, molto brutto…

21/10/2022

La situazione sta diventando sempre più strana. Lizzy è tornata quella di prima. Sorridente e spensierata com’era i primi giorni in cui ci siamo conosciute. È tutto sempre più strano. Come sono strane le persone che sta iniziando a frequentare. Si è allontanata da tutti i suoi amici e ora si è avvicinata ad un gruppo di persone… diverse. Non ho una bella sensazione.

Questa sera il professore di storia inglese non ci sarà a causa di un impegno, questo mi dà il tempo di completare un nuovo saggio a cui sto lavorando per il corso di Poesia e una relazione per il corso di Letteratura Americana. Quest’anno il professore vuole concentrarsi sulla letteratura di Hemingway. Adesso stiamo affrontando “The old man and the sea”; ho finito da poco la lettura di questo racconto spettacolare. Quanto mi affascina la scrittura di questo autore, non vedo l’ora di approfondirlo.

Sono in biblioteca, ho bisogno di prendere in prestito alcuni libri per vari corsi. Sinceramente non me la sento di tornare a casa, con Lizzy e quelle persone… mi mettono i brividi. Non capisco, è una sensazione che ho provato non appena hanno messo piede nell’appartamento…

Appunto di Lizzy ritrovato in un quaderno universitario:

Sadness.
Hopes.
Will she trust me again,
After all the things I’ve done?
-E.

09/11/2022

Diario,

sono finalmente più libera dagli impegni universitari; saggi, scritti critici, composizioni. D’altro canto però, Lizzy mi preoccupa sempre di più e occupa quasi tutti i miei pensieri. Ultimamente non torna a casa a dormire, non risponde a chiamate o messaggi e quando, dopo giorni, torna, la trovo sempre più smagrita, stanca, con profonde occhiaie scure sotto gli occhi. Anche Jordan è sempre meno presente, raramente lo incontro in casa… è successo solo poche volte e l’ho trovato profondamente cambiato. Non fisicamente, non è un cambiamento apparente. È qualcosa nella sua persona che sembra diverso, forse nel suo sguardo, nei piccoli movimenti che inconsciamente una persona compie quando si trova in un luogo dove non vorrebbe essere.

Forse sto sognando tutto, forse nulla di ciò che ho scritto sopra è reale; sarò influenzata dalla preoccupazione che provo per Lizzy…

15/11/2022

Abbiamo iniziato Shakespeare al corso di Letteratura Inglese! I’m not gonna lie, è uno dei miei autori preferiti. Sono affascinata dalle tragedie; è un mondo meraviglioso, ricco di piccoli dettagli che rendono la scrittura di Shakespeare così incredibilmente significativa. Tra pochi giorni inizieremo Macbeth. Ricordo ancora la prima volta che approcciai quest’opera. Ero nella mia vecchia camera, tra le mani il volume delle tragedie shakespeariane preso dalla biblioteca di mio nonno. Pagina dopo pagina, la fermezza e la perseveranza di Lady Macbeth hanno catturato la mia attenzione sin dall’inizio. È una donna che non si è lasciata intimorire da nulla, né sovrastare dal predominio del potere maschile che al tempo regnava sovrano nella società. Queste sono, però, le stesse caratteristiche che l’hanno portata alla rovina. Lady Macbeth non sopportava il peso del delitto che lei e il marito avevano progettato e commesso, nei confronti di un uomo buono e gentile.

Lady Macbeth si toglie la vita, consumata dalla sua stessa sete di potere.

20/11/2022

Domenica, il mio giorno preferito della settimana. Ho finalmente recuperato qualche ora di sonno perso in questi giorni di lezioni interminabili.

Ieri sera ho deciso di parlare con Lizzy; la situazione stava diventando insostenibile. Ci siamo confrontate a lungo; mi ha spiegato che tutte quelle persone sono amici di Jordan, conosciuti in un nuovo centro per artisti che aveva scoperto qualche mese prima. Mi ha anche confidato che per “entrare” in questo gruppo bisogna affrontare una cerimonia di iniziazione. Ho sentito un brivido lungo tutta la schiena; il modo in cui ha pronunciato quelle parole, il suo sguardo che è improvvisamente diventato vuoto. È stato un solo attimo, poi ha continuato a parlarmi come se nulla fosse successo. È stata solo una mia percezione??

La detective Campbell chiuse il piccolo oggetto che da ore stava sfogliando, ripetutamente, in cerca di un indizio, una traccia qualsiasi che potesse condurla a comprendere l’accaduto. Questo diario dava molti spunti di riflessione alla giovane detective; Miriam ripensò al lungo interrogatorio di Jordan Foster, il fidanzato di Elizabeth Wright. Pensieri veloci scorrevano nella mente della detective. Tra le mani aveva uno dei casi più difficili a cui avesse mai lavorato; si sentiva pronta, eppure l’agitazione penetrava ogni suo muscolo. Ogni cellula del suo corpo fremeva. Voleva chiudere il caso; le famiglie delle vittime erano distrutte, le si stringeva il cuore ripensando alle lacrime dei genitori quando aveva comunicato loro la notizia; lei però doveva concentrarsi. Lo doveva a loro; lo doveva a quelle povere ragazze.

La scena del delitto era già stata controllata più e più volte, dalla stessa Miriam e da altri poliziotti dello Scotland Yard presenti durante le indagini. Secondo le ricostruzioni, non ancora ufficiali, della vicenda, il giovane si era introdotto nell’appartamento di sera con la scusa di recuperare dei vestiti dalla camera della fidanzata. Secondo i programmi, sarebbero dovuti andare a cena fuori e poi si sarebbero trovati con degli amici di lui, probabilmente gli stessi amici descritti nel diario di Beatrice.

Jordan affermava di aver trovato le due ragazze già morte quando era entrato in casa, usando le chiavi che Elizabeth gli aveva lasciato. Il ragazzo restava comunque il principale sospettato. Chiudendo il diario, Miriam si rese conto dell’ora. Le 2:20 del mattino. Non riuscì a dormire quella notte. Le stava sfuggendo qualcosa, ne era sicura; un pezzo di quell’infinito puzzle che era la verità le mancava, solo che non sapeva come e dove cercarlo.

L’indomani si recò sul luogo delle indagini. Prima di entrare nell’appartamento fece un respiro profondo. Entrando, notò subito la scientifica alle prese con il soggiorno, dov’erano stati ritrovate le due ragazze. Sentiva ancora quella sensazione della notte precedente; la verità stava lentamente scivolando via. Miriam decise di controllare nuovamente quel posto, come se non fosse mai entrata lì prima, come se fosse la prima volta. Doveva concentrarsi su ciò che non era ovvio o scontato.

Ripensando al diario di Beatrice, decise quasi involontariamente di dirigersi verso la libreria del salotto. “Una bella collezione” pensò subito, sfiorando con le mani guantate i dorsi dei libri perfettamente ordinati. L’occhio le cadde sulla collezione dei volumi di Shakespeare; la detective ricordò che Beatrice stava studiando Shakespeare all’Università in quel periodo. Si recò verso quella sezione e notò un buco tra il “King Lear” e “Anthony and Cleopatra”. Non era mai stata appassionata di letteratura, e di certo non poteva sapere quale opera shakespeariana mancasse alla collezione. Si sfilò velocemente il guanto e cercò su Google la lista completa delle opre dell’autore inglese. Controllò i libri uno ad uno, fino ad arrivare al volume mancante; Macbeth. Nella libreria non era presente. Poteva trovarsi solo in camera di Beatrice. L’istinto di Miriam le suggeriva che valeva la pena seguire questa pista, e così fece. Andò in camera della ragazza e lo vide, impilato sulla scrivania insieme ad un sottile libricino di Hemingway e altri volumi. Senza pensare, come se fosse guidata da una forza esterna, aprì il libro. Un piccolo pezzo di carta scivolò sul pavimento, silenzioso. Inizialmente non fu notato da Miriam e rimase lì, sul pavimento. Nel frattempo la detective, sfogliando le pagine e leggendo distrattamente le varie note scritte a mano ai margini, notò che una pagina era stata segnata.

SEYTON

The queen, my lord, is dead.

MACBETH

She should have died hereafter.
There would have been a time for such a word-
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow.
Creeps in this pretty pace from day to day
To the last syllable of recorded time;
and all our yesterdays have lighted fools
The way to dusty death. Out, out, brief candle!
Life’s but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more. It is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury
Signifying nothing.

Una lacrima scese lungo la guancia di Miriam. Quelle parole l’avevano colpita profondamente, ma la nota a margine che accompagnava quei versi le fece gelare il sangue:

My time is coming
sooner than I thought.

Questa era la stessa scrittura del diario, la scrittura di Beatrice. La ragazza era consapevole di essere in procinto di morire? Se sì, com’era possibile? Qualcuno l’aveva minacciata? Jordan? Uno dei suoi amici? Elizabeth aveva cercato di avvertirla in qualche modo?

Chiuse il libro e si appoggiò alla scrivania; mille ipotesi, domande, pensieri fluivano correndo veloci. Miriam chiuse gli occhi. Questo complicava tutto. Aprendo gli occhi notò il foglietto fino ad ora ignorato, che era rimasto sul pavimento della camera.

Quel pezzo di carta apparteneva alla pagina del diario, la carta era la stessa. La detective era sicura di questo perché aveva maneggiato parecchio l’oggetto negli ultimi tre giorni.

Traduzione italiana della nota ritrovata nella copia del Macbeth appartenuta a Beatrice:

Questa nota è per Jordan, Michael e Susanne.
L’atto è compiuto, lei è morta.
Avete scelto una vittima per me, io ho obbedito ai vostri ordini.
Vederla lì, sul pavimento del nostro salotto, senza vita (vita che io le ho tolto!) mi ha destata dal sonno ipnotico in cui ero entrata.
La cerimonia che tanto bramavate è stata realizzata;
ma lei era mia amica.
Non posso vivere sapendo quello che ho fatto, quello che ho fatto per te, Jordan. Solo per te.
Addio,
Elizabeth.

*

Bibliografia:

William Shakespeare, Macbeth, Milano, Mondadori, 2021.

Wilfred Owen, Dulce et Decorum Est, https://www.raicultura.it/webdoc/grande-guerra/battaglia-somme/pdf/WilfredOwen.pdf

NEWS: Aggiornamenti dei ‘proceedings’ nati dal convegno ‘Narrations of Origins in the World Cultures and the Arts’

In relazione al convegno ‘Narrations of Origins in World Cultures and the Arts’ (ESCL 2021) tenutosi presso l’Università degli Studi di Torino dall’11 al 14 maggio 2021, si riportano di seguito le pubblicazioni internazionali e gli eventi nella città di Torino legati alla risonanza dell’evento.

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Pubblicazioni scientifiche in riviste ‘peer-reviewed’ dedicate al tema delle ‘Narrations of Origins’:

  1. CompLit. Journal of European Literature, Arts and Society – Beginnings. Narrations and Re-Creations of Origins in Linguistics, Literature and the Arts / Les débuts. Narrations et re-créations des origines en linguistique, littérature et arts, ed. by Chiara Lombardi, n. 3, Classiques Garnier, (2021) – ISSN 2782-0874
    CompLit. Journal of European Literature, Arts and Society. 2022 – 1, n° 3. Beginnings. Narrations and Re-Creations of Origins in Linguistics, Literature and the Arts / Les débuts. Narrations et re-créations des origines en linguistique, littérature et art (classiques-garnier.com)

  2. Finzioni, vol. 2, n. 3, Università degli Studi di Bologna, (ottobre 2022) – ISSN 2785-2288
    V. 2 N. 3 (2022): Realtà e finzione | Finzioni (unibo.it)

  3. CoSMo – Questioning the Origins in European and American Culture, ed. by Paolo Bugliani e Cristiano Ragni, n. 21, Università degli Studi di Torino, (dicembre 2022) – ISSN 2281-6658
    N. 21 (2022): Questioning the Origins in European and American Culture | CoSMo | Comparative Studies in Modernism (unito.it)



Archivio eventi promossi dall’organizzazione del convegno:

  1. Exhibition – Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino
    originsescl2021 – #1.Exhibition – Biblioteca Nazionale Universitaria (unito.it)

  2. Round Table – Circolo dei Lettori
    originsescl2021 – #2.Round table – Circolo dei Lettori (unito.it)

  3. Musical Performance “The Wooden Dolphin”
    originsescl2021 – #3.Reading / Musical Performance “The Wooden Dolphin” (unito.it)

Dire la morte. Forme della consolatoria in Italia tra Tre e Cinquecento

L’Università di Torino organizza il Convegno di studi “Dire la morte. Forme della consolatoria in Italia tra Tre e Cinquecento”, che si terrà giovedì 15 e venerdì 16 marzo a Torino, nel Palazzo del Rettorato in Via Giuseppe Verdi 8. Questo seminario intende indagare le forme plurali del discorso consolatorio che si sviluppa dopo Petrarca e attraversa il Cinquecento italiano.

La locandina e il programma del Convegno, con l’indicazione di orari e sedi degli interventi, sono consultabili al link:

https://www.facebook.com/DirelamorteTO/?hc_ref=ARTtX4dJlqzZHI4hMPtjfFdNnEiDkFBEeo21fL5RkvZsmEb2vl3mJd2E2tWXWtwNj8o.