La musica in e da Guerra e Pace

di Matteo Camogliano

In questo breve saggio, Matteo Camogliano analizza il ruolo della musica nell’architettura del romanzo Guerra e Pace di Tolstoj e si concentra poi sulla ricezione attiva di quest’opera letteraria, ovvero sull’influenza esercitata su opere d’arte musicali contemporanee e successive. 

Come è evidente dal romanzo breve Sonata a Kreutzer,[1]Lev Tolstoj teneva la musica in alta considerazione,[2] ma essa non è meno presente nelle altre sue opere, a partire da Guerra e Pace.[3]

La musica in Guerra e Pace

Nel grande romanzo storico tolstojano la musica fa le sue numerose comparse soprattutto nell’ambito di quella mir che è rappresentazione del mondo umano, ma non mancano sconfinamenti anche nel mondo della vojna, che rappresenta invece la Storia.[4]

La musica è elemento connaturato e sempre presente, anche quando non esplicitamente descritto, in tutti i contesti mondani dell’alta società russa. A partire dall’incipit del romanzo in casa di Anna Pavlovna, la musica non può mancare nei salotti aristocratici, non solo come necessario accompagnamento per il ballo, ma anche come campo di prova in cui si esibiscono in particolare le giovani fanciulle di buona famiglia. Al di là degli effetti emotivi particolarmente esplorati da Tolstoj, su cui ci soffermeremo, non mancano da parte dell’autore i segni di un’effettiva conoscenza tecnica della materia musicale: «Ma a un tratto scoppiò una tempesta, nell’orchestra si sentirono delle scale cromatiche e accordi di settima diminuita, e tutti corsero e trascinarono di nuovo uno dei presenti dietro le quinte, e il sipario calò»,[5] o ancora

La musica suonava sempre piú forte. La melodia cresceva, passava da uno strumento all’altro. Si andava formando ciò che si chiama fuga, anche se Petja non aveva la minima idea di che cosa fosse una fuga. Ogni strumento, ora simile a un violino, ora a delle trombe, ma piú bello e piú puro dei violini e delle trombe, ogni strumento suonava il suo motivo, e prima ancora di averlo finito si fondeva con un altro, che iniziava quasi la stessa cosa, e con un terzo, e un quarto, e tutti si fondevano insieme e tornavano a disperdersi e poi a fondersi di nuovo in una musica ora solennemente religiosa, ora brillantissima e trionfale.[6]

Nella caratterizzazione dei personaggi del romanzo, la più legata alla musica è indubbiamente Nataša, che il lettore ricorderà proprio per l’alta occorrenza con cui Tolstoj ne evidenzia le ottime doti canore e la spiccata sensibilità musicale:

Dopo il tè andò nella sala che amava particolarmente per la forte risonanza, e cominciò i suoi esercizi di solfeggio. Conclusa la prima lezione, si fermò in mezzo alla sala e ripeté una frase musicale che le era piaciuta particolarmente. Rimase con gioia ad ascoltare l’incantevole effetto (quasi inatteso per lei) con cui quei suoni, vibrando, riempivano tutto il vuoto della sala e si spegnevano lentamente, e a un tratto si sentì allegra.[7]

La musica è in grado di esercitare sul suo personaggio un ascendente notevole, e non manca mai: nella sua prima partecipazione a un ballo, nelle ricorrenze familiari, nella fatale serata all’Opera, quasi alterando – come in quest’ultimo caso – la percezione stessa della realtà.

Oltre alla musica dei salotti aristocratici, un ruolo importante sembra avere anche la tradizione folclorica russa, anzi è proprio questa tipologia che ci è utile per capire meglio il rapporto di Tolstoj con la musica del suo tempo. L’episodio in tal senso più illuminante del romanzo è quello che avviena a casa dello “zietto”, in seguito alla battuta di caccia:

Dal corridoio si udirono distinte le note di una balalaica, suonata evidentemente da un virtuoso. Nataša già da tempo aveva teso l’orecchio a quelle note e adesso uscì in corridoio per sentirle meglio. – È il mio cocchiere Mit´ka… Gli ho comprato una bella balalaica, mi piace, – disse lo zietto. Da lui c’era questa usanza: quando tornava dalla caccia, nella stanza dei cacciatori Mit´ka suonava la balalaica. Allo zietto piaceva ascoltare quella musica. – Che bello! Davvero eccellente, – disse Nikolaj con un certo disdegno involontario, come se si vergognasse di ammettere che quei suoni gli facevano molto piacere. – Come eccellente? – disse Nataša con rimprovero, avvertendo il tono con cui l’aveva detto il fratello. – Non è eccellente, è una vera delizia! – Proprio come i funghetti, il miele e i rosoli dello zietto le erano sembrati i piú buoni del mondo, cosí anche quella canzone in quel momento le sembrava il culmine della delizia musicale.[8]

Il passo è illuminante in quanto – oltre alla limpida caratterizzazione del quadretto rustico, davvero particolarmente riuscito – permette di notare come la tradizione folclorica sia assurta nell’Ottocento russo a notevole importanza, testimoniata dal fiorire della cosiddetta scuola nazionale, rappresentata dal Gruppo dei Cinque (o “gruppetto possente”, Mogučaja kučka), e prima ancora, dal compositore Michail Glinka, che fu il primo promotore e fautore della musica russa, proprio attingendo a larghe mani dal repertorio popolare.[9] La scelta da parte di Tolstoj di questa oculata rappresentazione del folclore sembra legittimare l’ipotesi di una chiara consapevolezza da parte dell’autore della filiazione popolare della musica russa colta in voga nella sua contemporaneità (mezzo secolo dopo i fatti narrati), e pare trovare conferma in un altro passo saliente già anticipato, ovvero nell’episodio dell’Opera.

Dopo la vita in campagna e nella seria disposizione di spirito in cui si trovava, a Nataša tutto ciò appariva assurdo e sorprendente. Non riusciva a seguire l’intreccio dell’opera, non riusciva neppure ad ascoltare la musica: vedeva solo i cartoni dipinti e gli uomini e le donne stranamente abbigliati, che si muovevano, parlavano e cantavano stranamente in quella luce violenta; sapeva che cosa doveva rappresentare tutto ciò, ma era tutto cosí leziosamente falso e innaturale, che un po’ si vergognava per gli interpreti, un po’ li trovava ridicoli. Si guardava intorno, guardava le facce degli spettatori, cercandovi lo stesso senso di ironica perplessità che era in lei; ma tutte le facce erano attente a ciò che accadeva sulla scena, ed esprimevano un rapimento che a lei sembrava simulato.[10]

Nonostante l’ormai nota sensibilità musicale di Nataša, nel nuovo contesto sociale moscovita la musica operistica inizialmente sembra non avere effetto su di lei, a causa sia della sua disposizione d’animo, sia del periodo di vita in campagna: l’episodio precedente in casa dello zietto è subito richiamato alla memoria e stride in tutto e per tutto con il presente. A Nataša il nuovo contesto sociale urbano non può che apparire falso, simulato, e così anche la musica che lo permea è per lei priva di significato, vuota, rispetto alla schietta immediatezza del suono della balalajka e del canto popolare. Non di meno, nonostante la disposizione d’animo iniziale e questo primo rifiuto quasi inconscio e viscerale per l’ambiente in cui si trova, quello stesso ambiente sociale e la musica che lo permea compiono lo stesso il loro magico effetto – o sortilegio – sull’indifesa Nataša:

Mentre percepiva la luce viva diffusa in tutta la sala e l’aria tiepida, riscaldata dalla folla, Nataša a poco a poco cominciava a entrare in uno stato di ebbrezza che non sperimentava da tempo. Non ricordava chi era e dov’era e che cosa accadeva davanti a lei. Guardava e pensava, e i pensieri piú strani le balenavano nella testa inaspettatamente, senza un nesso. Ora le veniva l’idea di saltare sulla ribalta e cantare l’aria che cantava l’artista, ora aveva voglia di dare un colpetto con il ventaglio a un vecchietto seduto non lontano da lei […].[11]

L’Opera, la musica e l’atmosfera in cui si trova immersa la protagonista, sono tutti strumenti dell’azione incontrollabile con cui si manifesta la forza dell’eros, che agisce in modo irrazionale nelle vite degli uomini così come nella Storia.

La musica è un amplificatore degli effetti, già di per sé fatali, dell’azione incontrastata dell’amore sui personaggi, ignari e impotenti di fronte al suo manifestarsi. Lo era stata già persino per il principe Andrej, innamoratosi di Nataša proprio dopo averla ascoltata cantare, di nascosto – scena memorabile e quasi da pellicola – in una selenica notte di leopardiana memoria.[12] In mancanza del wagneriano filtro d’amore, è la musica a compiere l’effetto afrodisiaco.

Tornando all’episodio della serata all’Opera, la costruzione di Tolstoj è magistrale e trasforma la scena in una sorta di meta-rappresentazione teatrale, in cui, oltre allo spettacolo in corso sul palcoscenico, i veri attori, marionette inconsapevoli, sono i protagonisti-spettatori. Nel crescendo della musica e tra gli applausi del pubblico si consuma la tragédie della povera Nataša, che cade vittima degli strali di amore e della maliziosa e noncurante frivolezza di Anatole Kuragin,[13] prima ancora di avere il tempo di rendersi effettivamente conto di quanto le stia accadendo. La collocazione di questo episodio così importante nell’intreccio del romanzo proprio all’interno del contesto sociale del teatro d’Opera, denota da parte di Tolstoj una costruzione che è quasi metaletteraria e non priva di una certa ironia nel dipingere proprio la moda ottocentesca, aristocratica e borghese, della frequentazione dei teatri. Moda che, per quanto russificata, è di chiara ed evidente importazione occidentale, attraverso il fortunato canale della tragédie lyrique francese. Ciò non stupisce più, in un romanzo che si apre proprio con una conversazione in francese, e conferma, se mai ce ne fosse bisogno, l’aperta critica e ironia verso la cultura occidentale e la sua riappropriazione da parte dell’alta società russa.

Sembra dunque profilarsi, in filigrana, quello che sarà poi il severo giudizio morale di Tolstoj sulla musica come traspare in Sonata a Kreutzer, ovvero una netta condanna verso un’arte capace come null’altra di scatenare le passioni e i desideri terreni. Una condanna religiosa-morale legata alla repressione degli istinti sessuali[14] e in ultima analisi riconducibile alla lunga tradizione della “teoria degli affetti”, che ha le sue radici nei miti orfici e nell’ethos musicale dell’antica Grecia.[15]

Non mancano, come si diceva, le intromissioni o gli sconfinamenti della musica al di fuori del contesto sociale aristocratico e borghese che le è più proprio, quello della mir, nel mondo della vojna. Sono molteplici gli episodi in cui il furore e le paradossali allegrezza ed euforia della guerra si manifestano negli uomini che la vivono anche attraverso episodi in cui è coinvolta la musica, o in rimembranze e metafore musicali: «L’animo di Rostov si riempì di allegria per quei suoni che non udiva da tempo, quasi fossero le note della musica piú allegra. Trap-ta-ta-tap! – scoppiettavano gli spari ora insieme, ora in rapida successione».[16] Nulla di sorprendente in fondo, la musica fin dall’antichità è potente strumento apotropaico, in grado di infondere coraggio e rifuggire il terrore della morte – ancora il riferimento è alla teoria greca dell’ethos[17]– e come tale è utilizzata e si sviluppa in forme appositamente pensate per l’uso bellico, come le marce militari ma anche il canto spontaneo da parte dei soldati, di carattere ora esaltante ora profondamente malinconico.

La musica dunque, in quanto arte e artificio umano, in Guerra e Pace si cala tanto nella mir quanto nella vojna e come visto è essa stessa strumento inconsapevole al servizio della Storia, del suo travolgente corso e delle forze che la portano inesorabilmente avanti, eros e thanatos.

Guerra e Pace in musica

In un’analisi comparata, se abbiamo visto gli effetti e l’impiego della musica all’interno dell’opera letteraria di Tolstoj, resta ora da verificare se esistano delle influenze inverse dell’opera dello scrittore sull’arte musicale. La risposta, dato il peso specifico dell’autore, è affermativa.

Il rapporto più interessante tra lo scrittore e i compositori del suo tempo è quello intrattenuto con Čajkovskij, sul quale Tolstoj esercitò un ascendente notevole e per il quale nutriva grande stima.[18] Al di là dell’analogia tematica della celebre Ouverture 1812[19], più interessante e frutto di una probabile influenza tolstojana è l’episodio inserito nella Dama di Picche – opera tratta dalla novella di Puškin, composta nel 1890 – in cui la protagonista Liza, nella sua camera da letto, si esibisce in un ballo della tradizione folclorica russa insieme alle dame di compagnia, suscitando lo sdegno della governante: «Fi, quel genre, mesdames[20] esclama in francese rivolgendosi alle giovani e richiamandole a modi più consoni al loro rango. Per Bortolotto «la derivazione è, indiscutibilmente, da Tolstoj» proprio da quella scena già citata in casa dello zietto, in cui Nataša «entra incensurabile nel ballo popolare»,[21] egli stesso riporta il passo, il cui carattere combacia perfettamente con quanto si vede in Pikovaja Dama: «Dove, come, quando quella contessina, educata da un’emigrata francese, aveva assorbito da quell’aria russa che essa respirava, quello spirito; da dove aveva preso quegli atteggiamenti che il pas de chale da gran tempo avrebbe dovuto cancellare?».[22]

A detta di Bortolotto, inoltre, sarà «proprio Anis’ja, la contadina, a rappresentare il conte Tolstoj»[23] nell’identificarsi in quella commossa felicità al vedere la contessina cantare e ballare e comprendere i sentimenti del suo cuore così come «in ogni russo».[24]

Da ultimo non si può non citare, tra le influenze dirette di Tolstoj sulla musica, proprio l’opera desunta da Guerra e Pace di Sergej Sergeevič Prokof’ev.[25] Cominciata nel 1941, all’indomani dell’entrata in guerra contro la Germania, essa è un esempio di come il testo letterario non sia un’entità fissa e determinata una volta per tutte nel tempo, ma possa di fatto identificarsi nella storia della sua ricezione.[26] Il romanzo storico tolstojano si carica di nuovo significato nel mutato contesto della Seconda guerra mondiale, e lo fa con lo slittamento modale al veicolo artistico-musicale. Nulla di sorprendente, se si pensa all’origine della maggior parte dei libretti d’opera ottocenteschi.[27]

Sul piano concreto il maggiore pericolo insito nella trasposizione operistica di un’opera letteraria è proprio nella redazione del libretto, nel passaggio dalla prosa alla metrica del verso, e di un verso musicale. Nel caso di Guerra e Pace, la difficoltà maggiore per Prokof’ev e il librettista Mira Mendelssohn è trovare il giusto adattamento alle mastodontiche proporzioni del romanzo tolstojano, tagliando necessariamente numerose parti narrativo-descrittive e ampliando dove necessario i dialoghi tra i personaggi, nel rispetto dello stile e del linguaggio dello scrittore, ma attingendo anche a fonti esterne, per avere maggiore contezza del sentimento popolare all’epoca della guerra del 1812.[28] L’intento del compositore è quello di «dimostrare di non aver semplicemente ridotto un romanzo a libretto d’opera ma di aver anche fatto, dal punto di vista del musicista, quel lavoro di documentazione storica che Tolstoj aveva fatto dal punto di vista dello scrittore».[29]

Inoltre i due piani della vojna e della mir strettamente interdipendenti e correlati nel romanzo, saranno qui necessariamente scissi, portando di conseguenza a «un’opera bifronte, che nella prima parte si basa su un intrigo amoroso senza pervenire alla sua logica conclusione drammaturgica e che nella seconda parte si presenta come un seguito di quadri guerreschi senza una chiara linea e un chiaro sviluppo drammaturgico».[30]

La prima esecuzione avvenne il 7 giugno 1945 a Mosca, ma l’opera subì poi numerosi rimaneggiamenti da parte dello stesso compositore, complice il Comitato per le Arti con le sue stringenti richieste propagandistiche, fino alla pubblicazione dei materiali definitivi nel 1958. Prokof’ev dovette apportare due aggiunte notevoli: una scena collocata tra l’incontro di Nataša e Andrej e il successivo fidanzamento, «superflua dal punto di vista del nocciolo drammaturgico»,[31] e un’altra, la decima nella versione definitiva, rappresentante il Consiglio di guerra del comando militare russo, con l’intento, voluto esplicitamente dal Comitato, di «mettere in ridicolo Napoleone (leggi Hitler) […] e di evidenziare per contrasto la sicurezza e il genio militare di Kutuzov (leggi Stalin)»[32].

Ne risulta in definitiva uno spettacolo «lungo ma non debordante»[33] in cui tuttavia i nodi drammaturgici restano irrisolti: un apparato complesso anche per la messe dei personaggi e delle scene, tutte cause congiunte della scarsa fortuna di questo lavoro.

Conclusioni

Si può dedurre in conclusione come Guerra e Pace, vera opera-mondo, abbia avuto un’ampia influenza nel panorama culturale europeo, finanche in ambito musicale. La sua intrinseca complessità ha reso tuttavia quasi impossibile un adattamento fedele e compiuto nella struttura – da metà Ottocento già emancipata, ma pur sempre molto codificata – dell’Opera in musica: l’alternativa, fa notare Rattalino, sarebbe stata «optare per il grande affresco oratoriale con l’inserimento dello storico»[34] oppure scegliere la via wagneriana di un ciclo melodrammatico: tuttavia di Anello del Nibelungo «ce n’è uno solo»[35], e lo stesso Tolstoj avrebbe forse avuto da ridire a riguardo.

Nondimeno, l’analisi brevemente condotta sui rapporti intrinseci ed estrinseci tra Guerra e Pace e la musica, ha mostrato come il carattere storico di questo romanzo – la rappresentazione verosimile di personaggi reali e fittizi, atta ad indagare a fondo soprattutto gli aspetti umani di una determinata epoca e contesto sociale – sia tale per cui anche la musica, lungi dall’essere puro elemento ornamentale di sottofondo nell’economia interna del testo, diventi strumento della forza irrazionale della Storia e si faccia foriera di significati socio-culturali importanti in relazione ai personaggi.

Viceversa, il romanzo e le stesse situazioni musicali in esso rappresentate si prestano in seguito alla ricezione attiva da parte della cultura musicale, portando frutti fino a Novecento inoltrato.

Bibliografia

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Pëtr Il’ič Čajkovskij (musica di), Modest Il’ič  Čajkovskij  (libretto di), Pikovaja Dama, dal racconto omonimo di Aleksandr Puškin, traduzione dal russo di Giuseppe Scandiani, Milano, Edizioni del Teatro alla Scala, 2022.

Renato Di Benedetto, Romanticismo e scuole nazionali nell’Ottocento, Torino, EDT, 1991 (Storia della musica, 8).

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Sitografia:

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Guerra e Pace, op. 91, su l’Orchestra virtuale del Flaminio, <https://www.flaminioonline.it/Guide/Prokofiev/Prokofiev-Guerraepace.html> (consultato in data 18/08/2025).


[1] Lev Tolstoj, Sonata a Kreutzer [1991], Milano, Feltrinelli, 2018. Si faccia riferimento in particolare alla Postilla dell’autore, ivi, pp. 125-142 e all’introduzione di Gianlorenzo Pacini, pp. 5-18.

[2] Per quanto concerne il contesto culturale e la musica russa dell’Ottocento russo, si faccia riferimento in particolare a Renato Di Benedetto, Romanticismo e scuole nazionali nell’Ottocento, Torino, EDT, 1991 (Storia della musica, 8); Rubens Tedeschi, I figli di Boris, Torino, EDT, 1990; Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa, Milano, Adelphi, 1999. Per un’analisi del rapporto tra Tolstoj e la musica si veda l’articolo di Lorenzo Pompeo, La guerra senza pace tra Tolstòj e la musica su Quinte Parallele  <https://www.quinteparallele.net/letteratura-cinema-filosofia/la-guerra-senza-pace-tolstoj-la-musica/> (consultato in data 18/08/2025). Più in generale per una storia della musica si faccia riferimento a Mario Baroni et alii, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1988; per le questioni estetiche del Romanticismo musicale: Enrico Fubini, L’estetica musicale dal Settecento a oggi, Torino, Einaudi, 1964.

[3] L’edizione di riferimento è qui Lev Tolstoj, Guerra e Pace, 2 voll., Torino, Einaudi, 2018.

[4] Leone Ginzburg, Introduzione in Lev Tolstoj, Guerra e Pace, cit., I, pp. V-VIII.

[5] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., I, libro II, parte IV, 9, p. 691.

[6]  ivi, II, libro IV, parte III, 10, p. 557.

[7] ivi, I, libro II, parte III, 23, p. 579.

[8] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., I, libro II, parte IV, 7, p. 624.

[9] Cfr. Rubens Tedeschi, I figli di Boris, cit..

[10] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., I, libro II, parte V, 9, p. 687.

[11] ibidem.

[12] Cfr. ivi, I, libro II, parte III, 2, pp. 510-512.

[13] Lo stesso ingresso nel racconto di Anatole Kuragin è rappresentato in modo teatrale e scenografico, quasi a dare l’impressione di un “effetto riflettore”: «In uno dei momenti in cui sulla scena tutto taceva, in attesa dell’inizio di un’aria, la porta d’ingresso cigolò, e sul tappeto della platea, dal lato dove si trovava il palco dei Rostov, risuonarono i passi di un ritardatario. “Eccolo, Kuragin!” sussurrò Šinšin». ivi, I, libro II, parte V, 9, p. 687.

[14] Cfr. Lev Tolstoj, Postilla dell’autore, in Sonata a Kreutzer, cit., pp. 125-142.

[15] La teoria dell’ethos musicale fa riferimento a Damone, e al suo discorso detto “areopagitico”, ma ha origine già nel pensiero dei pitagorici e troverà sviluppi anche in Platone, Aristotele e Aristosseno. Cfr. Enrico Fubini, L’estetica musicale dall’antichità al Settecento, Torino, Einaudi, 1976, pp. 3-58.

[16] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., II, libro III, parte I, 14, p. 64.

[17] In questo caso in particolare si parlerebbe di ethos diastaltico, che ha l’effetto di esaltare e suscitare le azioni eroiche e virili. Lo stesso effetto apotropaico rimanda al concetto di catarsi musicale, così come era inteso da Aristotele. Cfr. nota 15 e Enrico Fubini, L’estetica musicale dall’antichità al Settecento,cit..

[18] Cfr. in merito Alexandra Orlova, Cajkovskij. Un autoritratto, Torino, EDT, 1993; e l’articolo di Lorenzo Pompeo, La guerra senza pace tra Tolstòj e la musica,su Quinte Parallele cit..

[19] L’argomento da cui trae ispirazione è lo stesso di Guerra e Pace, la guerra patriottica di resistenza contro l’invasione francese del 1812. Composta nel 1880, appositamente per l’anniversario della sconfitta francese, Pëtr Il’ič non la teneva in grande considerazione, trattandosi di una commissione per fini puramente celebrativi e trionfalistici. Conferma ne è l’uso volutamente esagerato di un’orchestrazione di roboante grandeur, in particolare nel celebre finale con i colpi di cannone. Cfr. David Brown, Čajkovskij. Guida alla vita e all’ascolto, Milano, Il saggiatore, 2012.

[20] Per il libretto della Dama di Picche il riferimento è: Pëtr Il’ič Čajkovskij (musica di), Modest Il’ič  Čajkovskij  (libretto di), Pikovaja Dama, dal racconto omonimo di Aleksandr Puškin, traduzione dal russo di Giuseppe Scandiani, Milano, Edizioni del Teatro alla Scala, 2022.

[21] Mario Bortolotto, Est dell’Oriente,cit., p. 326.

[22] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., I, libro II, parte IV, 7, p. 626.

[23] Mario Bortolotto, Est dell’Oriente, cit., Milano, Adelphi, 1999, p. 327.

[24] Lev Tolstoj, Guerra e Pace,cit., I, libro II, parte IV, 7, p. 626.

[25] Per maggiori dettagli cfr. Guerra e pace, op. 91 su l’Orchestra virtuale del Flaminio, <https://www.flaminioonline.it/Guide/Prokofiev/Prokofiev-Guerraepace.html> (consultato in data 18/08/2025).

[26] Nel merito della teoria della ricezione applicata all’ambito musicale cfr. Gianmario Borio, Michela Garda, a cura di, L’esperienza musicale. Teoria e storia della ricezione, Torino, EDT, 1989.

[27] Già nel tardo Settecento compositori e librettisti iniziano ad attingere a piene mani dalla letteratura, e in particolare anche dalla prosa, per ricavarne testi in versi da mettere in musica. Per questa via inoltre fanno l’ingresso sul palcoscenico le tematiche storiche a scapito di quelle classico-mitologiche che avevano caratterizzato il melodramma delle origini. Inoltre l’intento critico verso l’attualità socio-politica di certi soggetti operistici, più o meno celato sotto argomenti storico-celebrativi, diventa usanza piuttosto consueta e a volte controversa in particolare a particolare a partire dal Romanticismo e dai moti rivoluzionari del 1848, basti pensare al Nabucco verdiano. Cfr. Lorenzo Mattei, Storia del melodramma. Da Euridice a Turandot, Milano, Le Monnier, 2023.

[28] Cfr. Piero Rattalino, Prokofiev. La vita, la poetica, lo stile, Varese, Zecchini, 2003, p. 219.

[29] ibidem.

[30] ivi, p. 220.

[31] ivi, p. 223.

[32] ibidem.

[33] ibidem.

[34] ivi, p. 220.

[35] ibidem.

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