Destino Funesto

Beatrice Ruggiero, in questa sua composizione, rielabora in una prospettiva inedita l’infelice storia di Hel, rivista qui dal punto di vista della stessa dea. Il testo è stato sviluppato nell’ottica del corso Scritture delle origini. I miti e la scienza, Letterature comparate B, mod. 1, prof.ssa Chiara Lombardi. 

Il seguente elaborato nasce dalla volontà di riscattare una figura complessa all’interno della mitologia norrena; si parla infatti di Hel, dea dei morti senza onore, posta a tale ruolo da Odino poiché parte dei tre figli del male. Nonostante la terribile condizione che il destino le ha riservato, ella si dispera per la sorte dei propri fratelli, motivo per cui nel testo tesse loro lacrime e lodi. Qui mi pongo umilmente da sua portavoce.

*

Figlia del fuoco
fui costretta alla romba
del gelido vento
che soffia nell’ombra,
or domino il ghiaccio
e la sorte dei morti
che non per onore
da me sono accolti.
Tra tutti coloro
che m’han conosciuta
uno tra gli altri
m’ha assai meno temuta,
non per inganno
né per sua colpa
costui al mio cospetto
si ritrova la tomba.
Dyggvi fu ‘l nome
quando ancor il rintrono
dei passi suoi vivi
risuonava sul suolo:
nubile allor
accettai la sua mano,
divenne consorte
del mio lato umano.
Così io, di fatti,
fui costretta dal fato
metà così bella
da lasciar senza fiato;
tuttavia l’altra parte
del mio povero volto
rappresenta con carne
l’altra faccia del mondo.

Nacqui da Loki,
dio ancor conosciuto:
agli dèi inganna gli occhi,
all’uomo offre aiuto;
purtroppo di questo
in pochi si accorgono
concentrati su quello
che fu il suo tramonto.
Egli ai mortali
diede attrezzi d’ingegno
ma ‘l sol male si vide
nonostante l’impegno;
fu però da noi figli
che Odino si avvide
ci tolse dal nido
e poi ci divise.
Al fratello mio lupo,
di Fenrir che ha il nome,
infatti il futuro
riservava più onore:
lui vincerà il padre
dell’uomo che a me
venne e cui Hermodhr
far tornare richiese.
Fratello mio cane,
a me ti han disgiunto
ti han con le catene
a Lyngi rinchiuso,
ma verrà il gran giorno
che paura assai incute,
sconfitto al tuo ritorno
sarà il dio delle rune.

Purtroppo fratello
sarà già perduta
la speranza di vita
che ti era stata preclusa:
Vidhar di spada
sarà infatti lesto
e del sangue versato
pagherai subito il prezzo.
Dolore mi invade
per tale destino,
ma non sol per te
si riversa il mio grido:
infatti il mio sangue
non ha solo Fenrir,
vi è Jǫrmungandranche
tra noi maledetti.
Serpente di forma
cresce nel fondo
del mondo dell’acqua
dove giace pensando
a Ragnarok, quando
morente sul suolo
vedrà lo spavaldo
morir del suo siero.
Quest’ultimo, infatti,
quando Odino lo chiese
lo scagliò giù nel mare
dove ancor oggi cresce.
Questa è la storia
del fato dei miei
poiché nostra natura
allor non piacque agli dèi.

Bibliografia
Snorri Sturluson, Edda, a cura di G. Dolfini, Milano, Adelphi Edizioni, 2019

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