Archivi categoria: universal

Ho sognato il Mondo, ma ho perso le mie pecore

Marianna Pandolfo, in questa interpretazione di Tamerlano di C. Marlowe, vede il protagonista vittima di se stesso. É tutto un sogno. Il potere assoluto si svela come un’illusione di gloria e conquiste effimere. La brutalità del suo regno e la solitudine che ne deriva mostrano il vuoto della sua ascesa, nell’ottica del corso di Letterature comparate Storia e potere nella prima età moderna  (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“Partendo dalla tragedia Tamerlano il Grande di C. Marlowe, questo testo propone una rilettura del protagonista come un pastore sciita il cui sogno di potere assoluto si trasforma in un’illusione di gloria e conquista. Attraverso una riflessione sul contrasto tra ascesa e fragilità, si esplora il vuoto che segue il dominio, mettendo in discussione la natura del potere stesso. La figura di Tamerlano diventa simbolo di un desiderio distorto, della caducità della grandezza, e dell’illusione che bellezza, amore e gloria possano essere posseduti.”

*

Ho immaginato Tamerlano, stanco dopo una giornata di lavoro faticosa, appisolarsi sotto le fronde di un albero, all’ombra dell’ultimo sole.
È stato tutto un sogno.

La vera natura di Tamerlano è sempre stata, e per sempre sarà, quella di un pastorello sciita. Sono arrivata a questa idea analizzando l’estrema esagerazione dei successi attribuiti al protagonista: Marlowe descrive l’ascesa di un uomo che, da semplice pastore, diventa il Signore del Mondo. Ho pensato allora che tutto potesse essere letto come un sogno, il desiderio smisurato di una persona semplice. Le sue gesta diventano il prodotto di un delirio, l’esagerazione di un’ambizione che serve a evadere dalla sua condizione reale.

Continua la lettura di Ho sognato il Mondo, ma ho perso le mie pecore

Bando di concorso di scrittura creativa “Sulle vie della parità”

La XIII edizione del concorso Sulle vie della parità, bandito dall’associazione Toponomastica femminile e rivolto alle scuole di ogni ordine e grado, agli atenei, a enti di formazione e luoghi di ricerca culturale, si pone tre obiettivi fondamentali:

  • dare visibilità alle donne in tutti gli spazi pubblici
  • diffondere l’uso di un linguaggio che renda visibile la presenza femminile (come da video https://youtu.be/r9iRrGTCR8Q)
  • promuovere percorsi educativo-didattici volti a valorizzare il ruolo delle donne

Il concorso si divide in tre sezioni: Sezione A (Presenze); Sezione B (Percorsi); Sezione C (Narrazioni).

Sezione C: Narrazioni

La sezione C è la sezione di scrittura creativa. Viene bandita in collaborazione con il Premio Italo Calvino, è riservata esclusivamente a studenti universitari/e, dottorande/i, borsiste/i.
A partire dagli incipit forniti da scrittori e scrittrici del Premio Italo Calvino (allegato 2), ogni concorrente inserirà l’incipit scelto e proseguirà il racconto breve (massimo 12.ooo battute, incipit escluso e spazi compresi) sul tema Storie di donne e di città.
I racconti dovranno essere tassativamente inviati attraverso la propria mail d’ateneo e accompagnati dalla scheda informativa (allegato 3).

Leggi tutto: Bando di concorso di scrittura creativa “Sulle vie della parità”

Le opere, preferibilmente in formato doc (accettati anche i formati docx, odt o rtf), dovranno essere inviate a: toponomasticafemminile.piemonte@gmail.com e contemporaneamente a toponomasticafemminileconcorsi@gmail.com.

La consegna è prevista entro il giorno 8/03/2025

❧ SEGNALE 6 “Lo spazio dei possibili. Studi sul campo letterario italiano” a cura di Anna Baldini e Michele Sisto

“Il ricorso alla teoria dei campi nello studio della letteratura italiana è relativamente recente. Le prime ricerche appaiono a partire dal 2002, l’anno della morte di Bourdieu. […]
Questo corpus ormai sostanzioso di ricerche, traduzioni, progetti e discussioni sta portando gli studi sul campo letterario italiano a livelli di quantità e qualità prossimi, se non a quella della Francia, almeno a quelli dell’area tedesca. Ci è parso dunque utile darne un quadro d’insieme raccogliendo in un volume studi apparsi nel corso di due decenni, in sedi disparate e non di rado in lingue diverse dall’italiano. La pubblicazione in una collana dedicata alla letteratura tradotta in Italia ha, come già nel caso di A regola d’arte di Anna Baldini e, in parte, di Teoria dei campi di Anna Boschetti, il senso di fornire, con ricostruzioni progressivamente più accurate della storia del campo letterario italiano, uno strumento indispensabile per comprendere perché e come, di epoca in epoca, la nostra letteratura ha prodotto una rappresentanza viva e influente delle opere maggiori e minori della letteratura mondiale”.

Anna Baldini e Michele Sisto sono tra i ricercatori che si sono maggiormente prodigati in Italia nell’applicazione e nella diffusione delle teorie di Pierre Bourdieu sui campi letterari. Il volume, che raccoglie tredici saggi di alcuni tra gli studiosi e le studiose che più risolutamente hanno messo in pratica i metodi bourdieusiani nello studio della letteratura italiana, tenta un’opera di sintesi e parziale sistematizzazione delle ricerche sul campo letterario italiano maturate negli ultimi vent’anni, a partire dalla pubblicazione nel 2005 della traduzione italiana delle Regole dell’arte di Bourdieu a cura di Emanuele Bottaro e Anna Boschetti. Ne risulta una panoramica organica, che copre alcuni dei fenomeni più rilevanti di un secolo di letteratura italiana, dal Novecento ai primi anni del Duemila. Un importante punto di arrivo che raccoglie due decenni di studi e prassi metodologica, e allo stesso tempo un punto di partenza per nuove ricerche ed esplorazioni.

Lo spazio dei possibili. Studi sul campo letterario italiano, a cura di Anna Baldini e Michele Sisto, Quodlibet, Macerata, 2024, pp. 384.

Prodigio è tutto il mondo

Stefano Pellegrin, in questa sua composizione, riscrive l’opera teatrale La vida es sueño di Calderón de la Barca in una dimensione più intimista, onirica e psicologica, traendo ispirazione dagli spunti pre-esistenzialisti che già emergono nel testo, nell’ottica del corso di Letterature comparate, Storia e potere nella prima età moderna (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“In questa mia riscrittura, ho voluto attingere, da una parte, alla riflessione filosofica sulle dicotomie ‘destino/libero arbitrio’ e ‘realtà/sogno’, già sviluppata da Calderón de la Barca; dall’altra, agli aspetti del testo che sono stati individuati come precursori dell’esistenzialismo novecentesco, legando il concetto di ‘libertà’ a quello di ‘scelta’ e di ‘angoscia’. Ho cercato di creare una sorta di allegoria, in cui l’uomo moderno è diviso tra libertà, da un lato, e, dall’altro, immobilità e solitudine, che vede come unico esito, sia in quanto consolazione, sia in quanto constatazione negativa, l’equazione tra la realtà e il sogno”.

*

Questa mattina la feritoia della porta è scivolata di qualche centimetro a sinistra, e dalla fessura una lettera è caduta a terra. Poi, con uno scatto, la feritoia si è richiusa. Mi sono chinato per raccogliere il foglio, ho spezzato il sigillo in ceralacca. La frattura lo ha diviso in due metà esatte: da una parte il rilievo possente della spada, dall’altra l’aquila in volo che la regge nel becco.
Più volte mi sono chiesto perché si ostini ad apporre il proprio sigillo sulle lettere che mi invia; il cui viaggio, lo sa bene, non dura che qualche metro. Abitiamo ad appena due celle di distanza. Ma forse, ripensandoci, crede che la regalità sia cosa troppo seria per soprassedere alle piccole accortezze che pure possono sembrare futili, nella nostra condizione. La sua regalità è diventata, credo, più matura, più radicata: ha acquisito nuovi connotati. La regalità è diventata realtà.
Ho aperto il foglio di pergamena; la calligrafia era ben riconoscibile: corsiva e arcuata, ma lineare. La sua è una scrittura maestosa e regolare come, penso, le onde che travolgono la riva. Come sempre, v’erano tracciate strane linee, ellissi e forme geometriche, ai cui vertici, ricalcati con la penna, erano assegnati i nomi dei pianeti e delle stelle: in alto Venere, appena sopra Saturno, poi Sirio. Una buona prima metà della lettera era occupata da simili disegni astrali, con figure sovrapposte una sull’altra, minuscoli caratteri resi illeggibili dall’accumulo di segni. Continuava sotto:


Sigismondo caro,
figliolo prediletto, principe lodevole, porto alla tua attenzione le recenti informazioni di cui la più minuziosa interrogazione degli astri ha voluto rendermi edotto. Come sai, nulla, nemmeno la potenza terrena di un Re, per quanto grande e soverchiante, può opporsi alle leggi del cielo. La mia interpretazione è doppia: si divide tra la gaiezza e la preoccupazione. Necessito del tuo aiuto per dirimerla.
La congiunzione di Saturno e Giove, che ho cercato qui di raffigurarti, non altro può significare che una crescente rettitudine, unita a una prosperità gioiosa. Saturno è l’architetto celeste: gli ostacoli che costruisce possono mutarsi in eterni edifici del potere. I cieli sembrano annunciare un periodo di maturazione: per me, in qualità di monarca; per te, Sigismondo, in qualità di uomo. Il regno, quel regno che un giorno sarà tuo, è destinato a crescere, e tu, figlio mio, farai esperienza di qualcosa di meraviglioso, di qualche cosa che mai hai avuto occasione di conoscere: tanto più chiara diventa tale previsione quanto più osservi l’abbraccio che avvicina Venere e Mercurio.
Eppure, Marte pare essersi risvegliato. Aiutami, Sigismondo, a comprendere cosa gli altri stiano cercando di dirmi: forse che, dopo l’abbondanza, siamo chiamati a lottare per salvaguardarla? Pensi che si profili una guerra all’orizzonte? Come sai, gli astri si esprimono soltanto in linguaggi sibillini. Quel che è certo, a questo punto, è che alla gioia si sostituirà, prima o poi, un periodo di conflitto, un’aspra battaglia da combattere, un odio prima ignorato, forse, ma, in ogni caso, un’avversità che diverrà schiacciante.
Una simile lettura, non ti mentirò, mi ha alquanto messo all’erta. Anche Urano prominente, osservalo, porta aria di rivoluzione. Dobbiamo forse aspettarci una guerra civile, una rivolta? Temo di aver commesso qualche errore nella mia lettura. Come possono insieme manifestarsi la gioia ridente e la mortifera rivoluzione?
E sono genuinamente confuso sulle cause di tali rivolgimenti: i sudditi mi acclamano, mi venerano, quasi quanto io venero i sudditi. L’amore reciproco è la prima regola del regno, come ho sempre tentato di insegnarti. Sono curioso di sapere la tua interpretazione di queste ambiguità. Ho già richiamato a corte una manciata di battaglioni che avevo spedito ai confini. Un vago istinto, che mi trattengo dal contraddire, mi suggerisce che, se succederà qualcosa, non procederà dall’esterno, ma che piuttosto, come una piaga virulenta, nascerà nel cuore.
Caro Sigismondo, aspetto tue. Tuo padre, Basilio.


Ho letto queste righe seduto allo scrittoio, con la fronte corrucciata, indeciso se vergare una risposta. Poi ho abbandonato il foglio sul piano di quercia, e ho deciso che no, oggi non avrei dato risposta alcuna. Le divagazioni astrali iniziano a stufarmi. Eppure, attraverso le centinaia di lettere che mi sono giunte negli ultimi mesi, in me è emersa una grezza consapevolezza, una lettura che non è delle stelle, ma dell’anima. Dolorosa scoperta è stato intendere che il Re, Basilio, mio padre, chiunque quest’uomo sia, sia un malato. La mania l’ha divorato, la pazzia ne ha colonizzato le vene, la mente è offuscata da gloriosi sogni fantastici. Mio padre è in preda al delirio, è schiavo di un’allucinazione progressiva. E dove siamo? Forse siamo in un ospedale? Mai ho conosciuto il mondo al di fuori della mia cella, mai ho saputo se un mondo ci fosse. Ospedale, prigione, mondo intero, poco cambia: siamo confinati. Gli astri possono forse sorreggere l’anima, l’anelito alla regalità si profila all’orizzonte come l’uscita da un tunnel oscuro e incomprensibile, scavato all’interno di una vita che rimane immota. E mi domando spesso quale sia la fine del mio tunnel, se una fine esiste.


La notte, quando non mi riesce d’assopirmi, batto sull’acciaio della porta, nella speranza che qualcun m’oda, venga a discorrere con me. L’unica voce che abbia sentito è quella del mio carceriere. Solamente un’occasione ho avuto per udirla, lontana nel tempo, sepolta nei ricordi d’una vita che non è stata altro che ricordi. La mia cella è grande, circolare; la torre è molto alta. Le pareti sono ruvide, di pietra, abbastanza spesse. Oltre allo scrittoio, c’è un letto, un paio di mobili, poco altro. Non ci sono specchi, ma c’è una finestra, che, posta parecchi metri sopra il baldacchino, filtra quel poco di luce del giorno che riesco a vedere. Nel centro del pavimento la porta di una botola, sigillata da un lucchetto massiccio, conduce in qualche luogo che mi è ignoto. Quel luogo proibito mi ha, negli anni, suscitato molte riflessioni, e domande innumerevoli. L’ipotesi che più convince è che apriranno la botola solamente quando avrò lasciato questo mondo, mi interreranno per lasciare spazio a qualcun altro; se mi butteranno lì una volta morto, non sarà poi tanto diverso da quando, in vita, mi costrinsero qui dentro.
Non ho ricordi al di fuori di questa stanza; anima morta o cadavere vivente, quel che volete, questo sono. Abito il silenzio dei giorni e l’ombra delle notti. Quella notte fatale in cui battevo contro la porta, in cui le mie mani divenivano strumenti di dolore, s’abbattevano come la scure sulla nuca del condannato; qualcuno mi rispose. Il carceriere, il mio carceriere. Lo supplicai di parlare con qualcuno, che mi fosse permesso almeno di scambiare una parola. Anche quella volta, con uno stridio la feritoia era scattata; e nelle tenebre lui mi accontentò:
– La parola è attributo dell’uomo libero. La parola è privilegio che né a te, né ad alcuno può essere concesso.
– Chi sei, mio carceriere? Qual è il tuo nome? Eccomi, sono qui. Guardami. Liberami. Sono pronto per la vita.
In quel momento avanzava sulla finestrella della porta un raggio candido di luna. Gli occhi neri e il naso diritto apparvero e scomparvero come un fulmine sinistro. Prima che con un nuovo scatto si sigillasse l’apertura, la voce dura come il marmo concludeva:
– Quale vita? Questa è la tua vita.
Ed io, sulle note solitarie della luna, intonavo il mio lamento prigioniero, graffiando il muro con le unghie:

Continua la lettura di Prodigio è tutto il mondo