Corso Francia

Citato in
Azoto, SP, I: 994

Passo
In primo luogo, la pollina (si chiama così: noi inurbati non lo sapevamo, né sapevamo che, sempre per via dell’azoto, è apprezzatissima come concime per gli orti) non si regala, anzi si vende a caro prezzo. In secondo luogo, chi la compra se la va a raccattare, entrando a quattro gambe nei pollai e spigolando per le aie. In terzo luogo, ciò che effettivamente si raccoglie può essere direttamente usato come fertilizzante, ma si presta male ad ulteriori lavorazioni: è un miscuglio di sterco, terra, sassi, becchime, piume e pèrpójìn (sono i pidocchietti delle galline, che si annidano sotto le ali: non so come si chiamino in italiano). Ad ogni modo, pagando non poco, faticando ed insudiciandoci parecchio, la moglie impavida ed io ce ne ritornammo a sera per Corso Francia, con un chilo di sudata pollina nel portapacchi della bicicletta.

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Il mestiere di chimico di Levi, lo sappiamo, fu tutt’altro che un lavoro da ufficio, piatto e noioso, specie nella prima parte della sua carriera professionale: furono molte le avventure che dovette compiere quando era un giovane diplomato che cercava un lavoro stabile per poter mantenere se stesso e sua moglie. L’estratto risale infatti agli anni del laboratorio creato in via Massena con l’Emilio del Sistema periodico (alias letterario del grande amico Alberto Salmoni) e, come molti dei racconti presenti in questa raccolta, testimonia anche il mestiere di chimico non fu per Levi una grigia occupazione statica, quanto più un lavoro itinerante e dinamico.

Specialmente in Azoto, il testo qui citato: per soddisfare il desiderio di un cliente che si era presentato richiedendo niente più che una consulenza, il giovane chimico Levi viene incaricato di risolvere un mistero: perché il rossetto prodotto dal cliente di cui si parla in questo racconto non funziona come dovrebbe, e produce scempi estetici invece di imbellettare le signore che lo usano? Questa è la mansione che viene affidata alla ditta Levi-Salmoni.

Armato di pazienza e dei fondamentali ferri del mestiere che poteva reperire nel laboratorio, Levi analizza la ricetta chimica del rossetto e scopre che per migliorarlo serve assolutamente l’allosana. Il suo cliente, estasiato, gliene commissiona una grande quantità, che si dice disposto a pagare anche a caro prezzo; vista la difficoltà del periodo e la lentezza della ripresa nel Dopoguerra, l’opportunità non può essere lasciata andar persa. Ma dove trovarla? Soltanto dopo un pellegrinaggio fondamentale alla biblioteca della Facoltà di Chimica e una ricerca forsennata, Levi si rende conto di poter trovare il composto nello sterco del pollame o dei serpenti.

Vista l’esoticità del secondo animale e la grande abbondanza nostrana del primo, Levi decide di fare un giro nei pollai dei contadini dell’area campagnola subito fuori da Torino centro. La mansione non sarà difficile: dopo qualche chilometro di pedalata, pensa, dovrà soltanto raccogliere lo sterco dei volatili e, ritornato al laboratorio, isolare l’elemento per produrre infine l’allosana (proprio come un ritorno alle origini della chimica, agli antichi alchimisti, perché «la materia è materia, né nobile né vile, infinitamente trasformabile, e non importa affatto quale sia la sua origine prossima», Azoto, SP, I: 993).

In questa avventura lo accompagnerà la «recentissima moglie» (Azoto, SP, I: 994): i due andranno in campagna proprio alla ricerca di pollai, pronti a battere il tappeto escrementizio alla ricerca di quello che avrebbe fruttato loro un notevole guadagno. Levi scrive infatti: «avrei preso la bicicletta, e fatto un giro per le cascine della periferia (a quel tempo c’erano ancora) in cerca di stereo di gallina» (Azoto, SP, I: 994), segnando una testimonianza non poco importante, salvando dalle derive della memoria il fatto che l’odierna Collegno (ormai unita al centro di Torino a causa dell’irresistibile urbanizzazione) era una volta formata da un gruppo di cascine rurali, con contadini, animali e verdi campagne tutt’attorno. Era dunque alla portata di ogni torinese, giusto a qualche chilometro di bicicletta, un angolo agreste che oggi non si conserva più, e che è anzi stato sostituito completamente dal cemento e dall’asfalto.

L’impresa però riesce e i due neo-coniugi tornano a casa la sera vittoriosi: percorrendo un corso Francia libero dalle orde di macchine che lo popolano invece oggi quotidianamente a quasi tutte le ore del giorno, si godono la gita fuori porta lontano dal traffico e dalla confusione cittadina, ritornando in un ambiente che, all’epoca, viveva ancora immutato da tempo, prima di cambiare definitivamente i propri connotati in seguito alla spinta urbanistica degli anni Cinquanta-Sessanta.

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